Sapir: “Dall’euro alla moneta comune? E’ una buona idea”

Creato il 19 settembre 2013 da Keynesblog @keynesblog

A sorpresa, uno dei più noti economisti critici francesi, firmatario del “Manifesto” degli euroscettici, sostiene che dismettere l’euro “moneta unica” in favore di una nuova “moneta comune” è una buona idea. Nel suo ultimo articolo su RussEurope, dopo aver spiegato che la fine dell’euro non sarebbe un disastro, illustra come la nuova moneta potrebbe funzionare, parlando di “resurrezione” dell’Euro in una forma completamente nuova che sarebbe stato opportuno adottare sin dall’inizio. Un modello ispirato al Bancor di Keynes, rilanciato recentemente dal suo collega Frédéric Lordon.

Proponiamo qui il paragrafo finale dell’articolo, nel quale l’economista francese descrive dettagliatamente la sua proposta.

Dalla “moneta unica” alla “moneta comune” ?

Questa idea attira un certo numero di uomini (e donne) della politica. Ed è tutt’altro che assurda, anzi. In effetti, una moneta comune avrebbe dovuto essere adottata sin dal principio.

Di cosa si tratta, dunque? Si può immaginare che il sistema monetario europeo che verrebbe ripristinato a seguito dello scioglimento dell’Euro conduca a una moneta comune, che si aggiungerebbe alle monete esistenti, e che sarebbe utilizzata per tutte le transazioni (beni e servizi ma anche investimenti ) con gli altri paesi .

Questa dissoluzione della zona euro, se risulta da un’azione concertata da parte dei paesi membri, darà vita ad un sistema monetario europeo (SME) volto a garantire che la necessaria flessibilità del tasso di cambio non si trasformi in caos. Se un tale sistema venisse implementato, avrebbe necessariamente un impatto significativo sul sistema monetario internazionale. Il nuovo SME, per essere in grado di funzionare correttamente , dovrebbe avere le seguenti caratteristiche :

(i) I tassi di cambio tra le monete dei paesi coinvolti nello SME devono essere fissi, pur rimanendo soggetti regolarmente a revisione, per evitare il ripetersi degli squilibri che prevalgono oggi nell’Euro. Ciò comporta la creazione di una unità di conto europea e la regolamentazione dei movimenti di capitale all’interno dell’area. Se i flussi di capitali ai fini di investimento non pongono problemi a causa della parità fissa, ci deve essere un mercato molto limitato e fortemente regolamentato. Per il resto, il mercato monetario deve essere solo in contanti e con divieto assoluto di posizioni allo scoperto .

(ii) la determinazione dei tassi di cambio deve essere coordinata, nell’ambito di un consiglio finanziario europeo, che tenga conto dei cambiamenti in termini di produttività e di inflazione in ciascun paese. L’obiettivo è quello di ridurre in modo significativo le posizioni sia di credito che di debito nella bilancia dei pagamenti. Sia i deficit che i surplus all’interno dello SME dovrebbero essere riportati su un conto speciale della BCE – che svolgerebbe quindi il ruolo di istituto di compensazione – e dovrebbero essere tassati in proporzione alla loro importanza e durata.

(iii) È importante che la legislazione bancaria , soprattutto per le banche commerciali, sia armonizzata. Da questo punto di vista, un meccanismo di unione bancaria è altrettanto importante come lo era nell’Euro. Questa unione bancaria dovrebbe essere amministrata dalla BCE, le cui competenze e il cui ruolo sarebbero ridefinite da un nuovo statuto

(iv) la Banca centrale europea avrà il compito di gestire l’unità di conto nei confronti dei paesi “fuori area” . Ciò implica che sarebbe responsabile di porsi un obiettivo di parità dell’unità di conto in relazione alle altre valute (fuori dallo SME ), e che dovrebbe essere in grado di intervenire per difenderlo nei mercati finanziari. Le transazioni commerciali e finanziarie al di fuori dello SME quindi si farerebbero nell’unità di conto .

(v) In questo sistema monetario europeo, non è né necessario né auspicabile che l’attuale statuto delle banche centrali sia mantenuto. Conviene riavvicinare le banche centrali ai governi – passando da una “indipendenza” a una “autonomia” nell’attuazione delle politiche decise dai governi – permettendo loro di essere coperti da prestiti e anticipazioni, almeno sulla parte non strutturale del disavanzo (peso degli interessi sul debito, misure specifiche di bilancio per far fronte a situazioni di crisi o altri imprevisti ) .

(vi) Il debito dei paesi, per ora detenuto dal 30 % al 65 % da non residenti (soprattutto europei) sarebbe gradualmente ri-nazionalizzato. Le emissioni di debito potrebbero essere fatte solo in valuta nazionale, salvo accordi europei per mantenere una moneta comune estera, che dovrebbe avere una buona valutazione a livello internazionale, cosa che giustificherebbe che una quota minima dei debiti siano denominati nella valuta comune. In effetti, l’uso di meccanismi quali un minimo di titoli pubblici detenuti dalle banche, fornirebbe le risorse necessarie .

(vii) l’ unità di conto funzionerebbe come un “paniere” di valute, in cui le proporzioni di ciascuna valuta, come la loro parità, potrebbero essere riviste.
Questo sistema effettivamente corrisponderebbe alla esistenza di una moneta progettata come unità di conto in aggiunta alle monete nazionali esistenti. Questa situazione sarebbe molto favorevole alla risurrezione dell’Euro, ma sotto la forma di una moneta comune.

Questo darebbe all’Europa sia la flessibilità interna di cui ha bisogno e sia la stabilità nei confronti del resto del mondo. Un “paniere di valute” essendo intrinsecamente più stabile di una moneta unica, la moneta comune potrebbe diventare un potente strumento di riserva, corrispondentemente ai desideri dei paesi emergenti BRICS . 

Lo scioglimento dell’Euro, in queste condizioni , non segnerebbe la fine dell’Europa, come si pretende, ma al contrario la sua rimonta nell’economia globale, e per di più una rimonta da cui potrebbero trarre beneficio in maniera massiccia, sia per la crescita che la nascita nel tempo di uno strumento di riserva, i paesi in via di sviluppo dell’Asia e dell’Africa.

da: Voci dall’estero


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