di Massimo Pittau.
saracu, saraccu, serac(c)u, tzarac(c)u, tzerac(c)cu, cerac(c)u, tharac(c)u, therac(c)u, tarac(c)u, terac(c)u-a «servo pastore, servo agricolo», «domestico-a», dal bizantino sarhakinós «saraceno, schiavo saraceno» (già in Eusebio, Hist. Eccl. VI 42, 4, come Sarhakenós). Anche nella Sardegna medioevale è documentata la presenza di schiavi saraceni, catturati come rivalsa per i cristiani rapiti dai Saraceni e venduti come schiavi nell’Africa settentrionale E pure sul piano linguistico sono documentati gli antroponimi. Sarakinu e Sarakina, dai quali, in quanto interpretati come diminutivi, per retroformazione si sono avuti saracu e saraca col significato prima di «schiavo, servo-a saraceno-a» e dopo di «servo-a» in genere. Anche nell’antico italiano è documentato un appellativo saraco «musulmano spagnolo» (GDLI). Sul piano fonetico è illegittimo opporre la mancata sonorizzazione della velare -k- nel logudorese e nel campidanese perché si tratta di un prestito bizantino che, in quanto tale, non doveva sottostare alle norme della fonetica storica del sardo come lingua neolatina. Sempre in epoca medioevale e in zone circoscritte e più esposte saracu ha preso anche il significato di «ragazzo, giovane», con uno slittamento semantico che trova esatto riscontro in vocaboli di molte altre lingue e parlate, i quali hanno appunto avuto e hanno contemporaneam. i significati di «ragazzo» e «servetto»: greco paîs, lat. puer, franc. garçon, ingl. boy, spagn. muchacho, ted. Knabe, napol. guaglione, ital. ragazzo (M.P., SSls 13-34; LCS I 113-136). Vedi sarahinu, teracchía.
***Estratto dall’opera di Massimo Pittau, Nuovo Vocabolario della Lingua sarda – fraseologico ed etimologico, edizione digitale accresciuta ed emendata, “Ipazia Books” (Amazon).
Featured image, vecchio pastore su murale orgolese.