Sardegna: rapporto CNA sullo stato delle imprese artigianali

Creato il 13 dicembre 2014 da Yellowflate @yellowflate

5° Rapporto congiunturale sulle imprese artigiane in Sardegna

Dalla fine del 2013 perse 160 imprese manifatturiere e 472 nelle costruzioni: dal 2010 in questi due settori ha chiuso i battenti un'impresa artigiana su 10

È stretta sul credito soprattutto per le imprese di piccole dimensioni: il 32% ha sperimentato un inasprimento delle condizioni del finanziamento bancario, con tassi a breve del 10,1%

In un'economia italiana ormai in fase di stagnazione e deflazione, anche la Sardegna continua ad annaspare. Nel 2013 il Prodotto Interno Lordo è calato del 4,4% (- 13 punti dal 2007) e per la fine dell'anno si stima un altro punto percentuale in meno. Crolla anche la propensione alla spesa delle famiglie che tra il 2007 e il 2013 si è abbassata del 20% contro il 13 % nazionale. Oltre i consumi calano anche gli investimenti privati e latitano gli interventi pubblici. A fare le spese di questa situazione drammatica è soprattutto il settore artigiano che per il sesto anno consecutivo continua a lanciare preoccupanti segnali di sofferenza. In nove mesi, dalla fine del 2013 alla fine di settembre 2014, il numero di imprese artigiane della Sardegna è calato di altre 900 unità (il 2,4%): in media ogni mese in Sardegna falliscono cento aziende artigiane in un settore di fondamentale importanza per l'economia isolana, visto che il volume d'affari complessivo di circa 5,1 miliardi di euro rappresenta circa il 16% del Prodotto Interno Lordo regionale.

E' questo probabilmente il dato più drammatico evidenziato dal 5° Rapporto congiunturale sulle imprese artigiane presentato a Cagliari dalla Cna Sardegna.

La ricerca, effettuata su un campione di 700 imprese artigiane, fotografa la reale condizione vissuta dalle aziende della Sardegna dopo sei anni di progressiva e ininterrotta crisi economica che ha portato al fallimento di oltre quattromila aziende in soli quattro anni.

Attraverso una rilevazione analitica dei principali rilevatori economici (ordini, fatturato, occupazione, accesso al credito e costi di produzione) lo studio della Cna offre infatti un quadro aggiornato sulla particolare congiuntura economica e importanti indicazioni per valutare l'impatto che il protrarsi della crisi sta avendo sul sistema delle imprese artigiane sarde.

L'artigianato rappresenta una parte consistente dell'economia regionale. Considerando le circa 38 mila imprese artigiane attive censite dalle Camere di commercio sarde nel 2013, la ricerca della Cna stima un volume d'affari complessivo di circa 5,1 miliardi di euro che rappresenta circa il 16% del Prodotto Interno Lordo regionale. Dopo il boom del 2008, quando in Sardegna erano state censite ben 43 mila imprese e la Sardegna era una delle regioni italiane a più forte vocazione artigiana - negli ultimi anni il settore è stato colpito da un vero e proprio dramma economico: . La Sardegna è, infatti, al primo posto per calo percentuale (-10%), seguita da Abruzzo (-9,2%), Sicilia (-8,3%) e Molise (-8,3%). il crollo maggiore si è registrato dal 2010 a questa parte con la moria di ben 4.100 imprese artigiane (-10%)

La crisi continua a colpire soprattutto manufatturiero e costruzioni . Rispetto alla fine del 2013 si sono perse oltre 160 imprese artigiane manifatturiere e oltre 472 imprese di costruzioni. Rispetto al 2010 in questi due settori il calo è stato di oltre il 10%: in quattro anni un'impresa artigiana su 10 in due tra i settori principali dell'economia isolana ha chiuso i battenti . Nel settore del legno la crisi ha comportato la chiusura addirittura di quasi il 20% delle imprese. Nei trasporti hanno interrotto l'attività il 12% degli artigiani.

Al livello territoriale la situazione peggiore si registra nel Nuorese e in Ogliastra , dove rispetto a quattro anni fa, hanno cessato l'attività quasi il 12% degli artigiani (896 imprese artigiane in meno rispetto alle circa 7.700 attive alla fine del 2010).

Quanto all'occupazione, secondo i dati dell'Inail risalenti al 2012 l'artigianato conta 78.498 addetti (diminuiti dell'8% rispetto al 2008) pari al 22,9% degli addetti totali (343 mila). Una quota molto superiore sia rispetto al dato nazionale (18%), che rispetto al dato del Sud Italia (20%), ma in contrazione rispetto al 24% dl 2010.

Mercato fermo, pressione fiscale, mancanza di liquidità: continuano ad essere queste le maggiori difficoltà lamentate dalle imprese artigiane sarde che considerano penalizzante anche la mancanza di politiche di sostegno all'economia, l'eccessiva burocrazia e il ritardo dei pagamenti da parte della clientela, anche i committenti pubblici. Cresce inoltre la percentuale di imprese che lamenta una eccessiva concorrenza, mentre la progressiva crescita dei costi continua ad essere un problema per il 12% delle imprese (rispetto al 4,6% del 2010). Nessuna azienda dichiara invece di avere avuto difficoltà nel reperimento di personale qualificato.

Queste difficoltà si continuano a tradurre in un calo generalizzato dei livelli produttivi e dei fatturati, soprattutto per le piccole e piccolissime imprese, ma anche per le imprese più strutturate. Per la stragrande maggioranza delle imprese sarde nel 2014 è proseguito inesorabile il calo di produzione, ordinativi e fatturato . Per il 59% degli artigiani presi a campione l'ultima parte del 2012 si è conclusa in maniera più negativa di quanto previsto e nel 2013 l'attività ha continuato a ridimensionarsi.

Il 2014 si è aperto con qualche segnale distensivo solo per il 15% degli artigiani , ma la stragrande maggioranza ha continuato a sperimentare un calo progressivo dell'attività (molto marcato per il 15%) e purtroppo attende ulteriori flessioni.

La situazione peggiore si conferma nelle costruzioni . Nonostante le potenzialità derivanti dagli interventi di riqualificazione e manutenzione del vetusto patrimonio edilizio isolano, oltre il 60% degli artigiani del settore ha infatti indicato un ulteriore calo del proprio fatturato durante tutto il 2014 . In crisi profonda anche il settore commerciale, mentre il settore dei servizi è quello che pare soffra meno la fase di debolezza economica registrando addirittura un leggero miglioramento nel corso di quest'anno. Regge anche il manifatturiero.

Eppure, nonostante quasi il 70% delle imprese continui a subire la crescita dei costi produttivi, gli artigiani tendono a mantenere inalterati i prezzi di vendita dei loro prodotti (se non a ridurli) e soprattutto non licenziano i propri dipendenti. La maggior parte delle imprese, circa il 90%, ha dichiarato di aver mantenuto i propri dipendenti sia nel 2013 che nel 2014 a testimoniare la tendenza degli artigiani a non privarsi del personale anche in momenti difficili di crisi economica e produttiva, atteggiamento tipico del sistema imprenditoriale artigiano e della piccola media impresa.

Quanto al fatturato, il rapporto della Cna registra una flessione stimando il fatturato medio 2013 in circa 133 mila euro : decisamente inferiore, rispetto a quanto stimato per il 2012 (circa 170 mila euro). Al livello settoriale sono le imprese di trasporti che dichiarano, in media, i fatturati più elevati, seguite dalle imprese industriali. Volumi d'affari medi più bassi si registrano nel settore dei servizi e nel commercio, ma soprattutto nel settore delle costruzioni, dove il 54% delle imprese ha dichiarato un fatturato annuo inferiore a 50 mila euro.

Quanto all'annoso problema dell'accesso al credito il rapporto congiunturale della Cna rileva un (legato ad una maggiore prudenza da parte degli intermediari finanziari) lamentato specialmente dalle imprese di minore dimensione. Nonostante questo irrigidimento la percentuale di imprese artigiane che ha sperimentato un ulteriore deterioramento delle condizioni complessive del finanziamento bancario sembra però essere sensibilmente diminuita. Si tratta di circa il 20% degli artigiani del campione (era il 30% nel 2012). Ma, considerando le imprese con almeno 100 mila euro di fatturato, mediamente più esposte finanziariamente, la percentuale risale al 32%. ulteriore irrigidimento delle condizioni del credito

Si riduce la propensione agli investimenti riguarda solo il 17,5% del campione; rimane alta da parte delle banche la richiesta di rientro anche parziale sui crediti già concessi d 1/5 delle imprese vengono chieste maggiori garanzie.

L'imperativo per spezzare la spirale recessiva è sostenere la domanda e i consumi rilanciando gli investimenti e rimettendo in moto il mercato del credito ", hanno spiegato l presidente e il segretario regionali della Cna,

"E' giunto il momento di mettere in campo una strategia di sviluppo regionale che sappia coniugare un'azione di medio-lungo periodo con un piano di intervento immediato, capace di parlare all'emergenza sociale e produttiva.

Gli investimenti fissi lordi sul territorio regionale - dichiarano i vertici di Cna regionale - si sono ridotti del 40% tra il 2007 e il 2011. La spesa corrente è cresciuta tra il 2007 e il 2012 del 4%, quella in conto capitale è diminuita del 30%.

E' tutta qui la gravità della crisi.

Per questo - continuano i vertici Cna - la decisione di varare un piano per le opere pubbliche e gli investimenti di 600 milioni di euro, prevista della manovra finanziaria per il 2015, va nella giusta direzione, a condizione che i cantieri vengano avviati con celerità e le risorse vengano immesse immediatamente nel circuito economico.

Affinché questo produca effetti più espansivi sulla crescita e immediati sull'occupazione, Cna chiede che una quota più elevata di risorse venga destinata alle piccole opere immediatamente cantierabili aventi per oggetto la riqualificazione e l'efficientamento energetico degli edifici pubblici e la messa in sicurezza del territorio soggetto a rischio idrogeologico.

Bene anche la manovra sull'Irap, resa strutturale con un'aliquota del 2,93%, tra le più basse d'Italia, sapendo che nell'emergenza la parola d'ordine è investire più che incentivare".


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