Sardegna, Robin Hood in azione: rapine in banca e sedi Equitalia

Creato il 29 luglio 2012 da Nicola Spinella @ioparloquantomi

Prese d’assalto due filiali di banca ed una di Equitalia. I rapinatori un po’ Robin Hood e un po’ Lupin, ladro gentiluomo. Non fanno male ad una mosca, minacciano solo per riprendersi quello che viene loro sottratto ingiustamente da uno stato patrigno che sempre più usa violenza ai propri figli.

“Cos’è il rapinare una banca al paragone del fondarne una?”

Bertolt Brecht

Viviamo tempi difficili, in senso globale: è difficile poter avere fiducia nel futuro, nella politica, nelle istituzioni, negli eroi dello sport, nei capi religiosi. C’è una nuova consapevolezza, la stessa cantata da Zarrillo qualche anno fa, perché “non arriveranno i nostri, non arriveranno mai”, i nostri “amministratori” (o classe dirigente, se preferite) sono troppo impegnati a salvaguardare le loro posizioni altolocate, basate unicamente su una differenziazione sociale ottenuta su base censitaria. Basta relegare un popolo alla fame per dominarlo con la promessa e l’offerta di un pezzo di pane, che manca in alcune case.

Come ad esempio in diverse della martoriata Sardegna, vittima di malgoverno e di abbandono da parte delle istituzioni. Tralasciamo di richiamare alla memoria le vicende dell’Alcoa e di tante altre realtà industriali, o la singolare protesta dei cassintegrati Vinyls, riuniti all’Asinara dal febbraio 2010 in un vero “reality show”.

Succede però che il popolo s’incazza: nessuna apologia dei comportamenti criminali, solo una triste presa d’atto che talvolta il reato è visto come l’unica via d’uscita per chi è malgovernato.

A Sassari un gruppo di improvvisati rapinatori prende di mira una filiale della banca UGF. Entrano in filiale con le armi in pugno, minacciano i presenti, rinchiudono il personale in una toilette. E contemporaneamente si scusano per il disagio, motivato dalla disoccupazione e dalla crisi che non offre concrete possibilità di lavoro, argomento magari condiviso con alcuni clienti presenti all’interno dell’istituto di credito e ai quali non è stato strappato un solo capello. Sindrome di Stoccolma per i sequestrati all’interno dell’agenzia? Probabilmente no, ma neanche condanna tout-court per il reato che, in quanto commesso contro una società vista dall’occhio sociale come uno dei nemici dell’uomo comune, non viene nemmeno considerato gravissimo. Una cosa è rapinare una rivendita di sali e tabacchi, un’altra il rapinare una banca.

E se non ci sentiamo di condannare chi vìola una norma di legge perché motivato dalla fame, chissà in quanti saranno disposti a lanciare strali e anatemi contro la coppia di rapinatori che nella giornata di venerdì ha preso d’assalto una filiale di Equitalia a Nuoro. Pochi.

Rubare a casa dei ladri, avranno pensato i più. Pare che anche in questo caso i rapinatori abbiano avuto più tatto dei datori di lavoro dei “rapinati”, arrivando persino ad interagire con la figlia di un’utente dell’esattoria, rassicurata dai “malviventi”: non avrebbero mai fatto del male alla sua bambina, perché anche loro hanno una nipotina di quell’età. Non sono certo i rapinatori dei film con Maurizio Merli, non sono spietati criminali senza scrupoli: è gente comune, portata all’esasperazione da un sistema logoro.

Criminalità dal volto umano: succede anche questo quando i rapporti di forze tra il bene e il male si scambiano i ruoli grazie ad un annullamento complessivo di quelli che sono considerati i capisaldi del vivere civile. Nella mente di chi opera in tal guisa prevalgono numerose convinzioni: l’impossibilità di uscire fuori da una situazione di indigenza, il sapere di non poter contare sull’aiuto della macchina statale sempre più simile ad una sanguisuga, il considerare iniqui certi comportamenti adottati dalla classe dirigente fiera delle proprie prerogative.  Ma, a differenza dei tanti caduti per l’incuria del governo dei tecnici (i suicidi di cui Monti si lavò le mani, a suo tempo) questi rapinatori non ci stanno a mollare, lottano, infrangono la legge, fatto sicuramente deprecabile ed ingiusto, ma nessuna rivoluzione è iniziata senza che qualcuno abbia infranto qualche legge. E’ la disperazione ad armare la mano di costoro,non la bramosia di potere e vizio che anima la condotta dei nostri governanti.

E’impossibile non empatizzare con questi novelli Robin Hood, che vivono e soffrono la crisi come persone normali e non come quei deputati ARS che si lamentano per il ritardo con cui verranno corrisposte le indennità del mese in corso, o come quel presidente del consiglio che piazza il figlio alla banca d’affari, o come quella ministressata del lavoro la cui figlia, casualmente, insegna nella stessa università presso cui insegnano i genitori.

La “castucola” dei professori, di quelli che vantano più titoli accademici alle pareti di quanti trofei il Milan conservi in bacheca, avrebbe dovuto comprendere che è difficile spiegare ad un cassaintegrato perché bisogna comprare un aereo da guerra, soprattutto se a questa deve seguire la motivazione del diniego di assistenza sanitaria o di altri servizi essenziali. Ma si sa, l’intelligenza non si studia e adesso ci troviamo dinanzi ad un tacito sdoganamento dei comportamenti criminosi, perché in fondo nessuno di noi può avere la certezza delle proprie reazioni in situazioni analoghe.

La politica dovrebbe in primis dare risposte, non costringere i cittadini a porsi domande.

Secondo le prime indagini della polizia, in entrambi i casi, ad agire non sarebbero stati professionisti del crimine ma semplici cittadini, magari in preda alla disperazione, che al suicidio hanno preferito delinquere.

Sbagliato. Quasi come il permettere ad un datore di lavoro di licenziare liberamente qualcuno, o come l’incosciente acquisto di armamenti quando gli italiani chiedono servizi ed una pressione fiscale che permetta un’effettiva uscita dalla crisi.

Finirà come sempre, magari con i ladri di denaro dietro alle sbarre. Ma perché gli assassini di tanti giovani disoccupati, i boia del futuro di tanti figliastri d’Italia debbono sedere dietro ad una scrivania o a Montecitorio?

 

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