Sarebbe stato dolce naufragare

Da Nuvolesparsetraledita

L’alzarsi all’alba, ogni mattina, scendere per prendere la legna ed accendere la stufa.

Preparare il caffè e buttarlo giù caldissimo, quasi scottarsi lingua e palato, ma così è più buono altrimenti non sa neppure di caffè.

Chiamare chi ancora dorme forte, aprire le persiane al nuovo giorno.

Rifare i letti buttando alla finestra le lenzuola e  le coperte ogni mattina.   Spazzare sotto il letto, scopare ogni giorno la scala pulire i fornelli

Cucinare risparmiando perchè è sempre stata dura: le tagliatelle verdi tirate a mano con le punte tenere delle ortiche, la torta di asparagina patate pane ammollato nel latte qualche uovo, il bianco mangiare e il budino piemontese fatto con una caramella disciolta per dare buon sapore.

I piatti, lavati tutti a mano e risciacquati con l’acqua fredda, il bucato fatto nel fiume; ora quasi non usare la lavatrice e sorridere lieve se si dice.

La stanza chiusa, la sera, e le stesse tenere parole: dormite… dite le preghiere poi dormite. Così si poteva chiudere gli occhi e sussurrare nel buio, aprire gli occhi e guardarsi intorno perchè nulla di male poteva accadere. Di là, in cucina, lei vegliava.

I racconti della guerra, della fame, della paura; i sorrisi donati raramente, le preoccupazioni di una vita avara. Una giovinezza strappata alla miseria, l’età adulta passata a tenere in equilibrio troppe cose, la vecchiaia finalmente più serena, tempo di fortuna.

E allora la cura del giardino e dell’orto, la voglia di fiori che non si devono cogliere ma solamente guardare; gli abiti colorati, qualche gioiello, un libro: piccole gioie tardive, piccole vittorie.

I pomeriggi lunghi seduta all’ombra della paolonia fiorita, il vanto per i tralci del glicini sul cancello, la fame di iris e di viole, la sete di cielo e di erba, le amiche sedute a prendere il caffè in giardino .

La casa bianca è sempre illuminata, il nido è vuoto ma risuona: tanta voglia di vita, le canzoni, tanti sorrisi per chi passa e posa una parola.

La stessa voce gli stessi occhi, mani quasi uguali ma più vecchie, le unghie senza smalto.

Ora i capelli sono tutti bianchi e il camminare è lento e un po’ insicuro: è lei adesso che ti dà la mano ma ancora ti sorregge anche se sei grande. E’ lei che ogni giorno ti chiama e ti riporta a casa anche se abiti lontano e raramente torni.

Stella polare
Sarebbe stato dolce naufragare nella risacca di quel tuo respiro sempre più rauco e lento, galeone controvento dell’ultimo minuto. Dolce tornare a casa, rientrare   viva nel mare-madre, stemperato raggio nel buio da cui è venuto.
Maria Luisa Spaziani
Archiviato in:OCCASIONI, riflessioni e momenti Tagged: glicine, iris, madre, MARIA LUISA SPAZIANI, paolonia, Stella polare

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