Sarkozy, chi la fa l’aspetti

Creato il 01 luglio 2014 da Albertocapece

Qualcuno ha stoppato Sarkozy proprio nel momento in cui tentava di riemergere grazie al disastroso Hollande e alla crescita della Le Pen. Per la prima volta un ex presidente francese è in stato di fermo, anche se le vicende giudiziarie di Nicolas sono state molte e lui è riuscito sempre a cavarsela grazie al fatto che in Francia i pm sono nominati dal ministero della giustizia e dunque non godono di vera autonomia rispetto al potere politico: non a caso i governi Berlusconi hanno sempre tentato la separazione delle carriere in magistratura in vista di arrivare al sistema francese.

Famosa è stata l’inchiesta sull’affaire Bettencourt nella quale i il pm a cui era stato affidato il caso si rivelò un amico personale dell’indagato che dall’alto dell’Eliseo aveva ampio spazio di manovra. Ma insomma credo che ci sia un’ampia documentazione in rete su Sarkozy e sulle sue tante zone d’ombra, ciò che invece mi interessa è mettere in luce la disinvoltura etica e morale del personaggio che oggi viene a ricompattare il retroterra di molte inchieste, sussurri, soffiate e infine vox populi che lo vorrebbero al centro della trappola allestita per impedire a Strauss Kahn di presentarsi alle presidenziali del 2012 alla testa dei socialisti.

Qualcuno dirà che è scorretto, ma in realtà è esattamente ciò che si è fatto con l’unico personaggio di rilievo e dotato di carisma che militasse nella socialdemocrazia francese: doveva essere colpevole perché era un noto tombeur de femme e aveva avuto anche una liason finita in acido con Piroska Nagy da lui nominata alla testa del dipartimento Fmi che si occupa dell’Africa. Ma qui val la pena di raccontare le tappe di una storia politica perché non del solo Sarkozy si tratta, ma di qualcosa di molto più ampio.

Dunque nel 2007 Sarkozy la spunta su Segolene Royale che l’aveva a sua volta spuntata alle primarie del Ps su Strauss Kahn, in primis perché compagna di Hollande, segretario -padrone del partito e poi perché i socialisti, molto in difficoltà sui temi sociali, avevano pensato di buttarla sulla novità di una donna all’Eliseo nonostante che l’atto  politicamente più significativo di Royale fosse stato il riconoscimento del marchio dop al formaggio chabichou e i dispetti a Martine Aubry. La campagna elettorale con le molte gaffes di Segolene delude l’elettorato e va molto oltre la sconfitta contro Sarkozy, mette in crisi anche Hollande e la dirigenza socialista e fa rinascere la stella di Strauss Kahn considerato da molti il salvatore della patria.

Nicolas intuisce che lui è il vero pericolo per le prossime presidenziali e vuole liberarsene per tempo: arriva quasi a mettere in crisi le relazioni con gli Usa pur di mandare Strauss Kahn a dirigere l’Fmi, si fa aiutare in questo da Juncker e da Prodi, non lesina compensi a Putin che invece sostiene un altro candidato. Senonché una volta sedutosi sullo scranno del Fondo monetario internazionale, Strauss Kahn si rivela una completa delusione per Washington e per i poteri finanziari: i suoi accenni a un cambiamento di linea rispetto al neo imperialismo monetario sono visti con grande scontento e pochi giorni dopo un discorso sulla necessità per il Fondo di mutare atteggiamento scoppia la vicenda Nagy. E’ un avvertimento.

Per qualche tempo DSK, come è chiamato in Francia, deve segnare il passo, ma intanto la crisi infuria, la disoccupazione comincia ad aumentare in maniera esponenziale, mentre le classi medie tendono ad essere compresse e a scomparire, secondo i sacri dettami del liberismo e così si fanno sempre più insistenti i richiami di Strauss Kahn alla crescita delle disuguaglianze e alla necessità anche per l’Fmi di porvi rimedio. Rispolvera persino Keynes che per i liberisti è come l’aglio per i vampiri, insomma comincia a sentirsi isolato e circondato dall’ostilità di chi vuole portare a compimento l’operazione Grecia. E commette anche un altro errore: accenna alla possibilità di rinunciare al trono del Fondo per presentarsi alle presidenziali francesi dove secondo i sondaggi avrebbe un vantaggio clamoroso, attorno al 20 per cento: un mese dopo, prima di prendere un aereo per Berlino e tentare di convincere Angela Merkel ad intervenire per evitare il collasso della Grecia, scoppia la vicenda della cameriera che lo accusa di averla violentata, una vicenda destinata a toccare corde delicate anche se non particolarmente acute. Anzi la protagonista della storiaccia di avvenenza assai incerta sembra scelta per essere l’archetipo della vittima e per suscitare rabbia verso il potente che pensa di avere su di lei ogni diritto: cameriera precaria in un hotel, nera, ragazza madre che vive in un alloggio affittato a sieropositivi. Insomma la diseredata, l’esclusa, la sommersa per antonomasia. E quello stesso sistema che l’esclude se ne fa però paladino, non per sensibilità, ma perché l’obiettivo vero è proprio il potente.

Una volta cacciato dal Fmi e resa impossibile una sua candidatura all’Eliseo la storia si è arenata ed è finita in una bolla di sapone con la sua archiviazione per l’evidente assurdità del fatto. Non senza però uno stillicidio di tentati sciacallaggi di pelo da parte di personaggi in cerca di notorietà, comprese insipienti mitomani di casa nostra. Rimangono le strane telefonate giunte dalla Francia al procuratore che si occupava del caso proprio nel giorno dell’arresto di Strauss Kahn e il fatto che il Sofitel della grande mela dove alloggiava  DSK faccia parte del gruppo francese Accor i cui azionisti principali sono stati finanziatori delle campagne elettorali di Sarkozy. E che uno di questi, il multi milionario Sebastien Bazin, sia un suo amico personale e legato all’ex inquilino dell’Eliseo da legami di gratitudine.

Insomma chi la fa l’aspetti.


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