Due sono i piani in cui si può distinguere l’opera: la trama – lo svolgimento degli eventi – da una parte, e la riflessione artistica dall’altra.
L’immagine che introduce Sarrasine è quella della festa da ballo, grande, gaia ma soprattutto sontuosa, gremita di persone in abiti fastosi, luci e sfarzi. In una lussuosa villa parigina ecco i personaggi che avviano un racconto che abbraccia i colori del mistero, del realismo e del fantastico: una coppia costituita da un uomo e una giovane donna, poi lui, il vecchio centenario, figura inquietante che stona in mezzo a tanto splendore, ricchezza e spensieratezza, ma che tuttavia attira riguardo e attenzioni.
Per quanto concerne la riflessione, lo sguardo di Balzac si sofferma sulle arti, producendo un attento paragone tra le diverse forme. Ernest Jean Sarrasine è un giovane scultore francese che, a metà del Settecento, decide di raggiungere Roma, dove presto fa la conoscenza di Zambinella, una famosa cantante di cui si invaghisce a prima vista, dando vita ad un gioco pericoloso di sesso e seduzione in una società nella quale l’arte viene prima della persona. Un gioco dagli estremi drammatici che sviluppa in tutta la sua profondità la meditazione del discorso sull’arte: “alla stabilità e ai limiti della scultura – si legge nell’introduzione firmata da L. Binili – si contrappongono la libertà e l’universalità della musica, che riunisce in sé tutti i generi e simboleggia, forse, la ricerca di quel capolavoro, infinito e androgino, che Sarrasine ha inutilmente cercato di raggiungere”.
Una lunga novella più che un romanzo, Sarrasine è certamente uno dei capolavori della Comédie humaine balza chiana, e in questo, attento studio sociale e umano.