Ciao, Susanna. Com’è iniziato questo 2013? Ciao Carlo. Ti dirò, è cominciato anche bene. Di solito mi sveglio rantolante, quest’anno sono riuscita a evitare. Sarà la vecchiaia? Con il romanzo “Satanisti perbene” sei arrivata al secondo volume della serie dedicata al commissario Ermanno Sensi. Puoi tirare un bilancio del tuo viaggio letterario fino a questo momento? Non so se posso fare un bilancio. Non sono molto brava in queste cose. Sono molto soddisfatta e nello stesso tempo ho ancora un sacco di idee, di progetti, di esperimenti da tentare. Scriverei comunque, ma l’idea di farlo con uno scopo ben preciso la maggior parte delle volte mi aiuta a focalizzarmi. Spero che questo sia solo l’inizio, diciamo. Come è nata l’idea del secondo romanzo e come hai approfondito usi&costumi dei satanisti…perbene e no? Ho fatto un po’ di ricerche, chiaramente. Ho anche conosciuto un certo numero di satanisti, perbene e meno perbene, ma poi ho fatto un po’ come volevo io. Non mi piace aderire troppo alla realtà o a quello che il lettore può percepire come realistico. Se volessi farlo mi darei al giornalismo. Preferisco che lo specchio deformante del mio punto di vista sia evidente. Leggendoti si ha la netta impressione che ti diverta molto. Ti è mai capitato di ridere da sola per una scena scritta da te? È un po’ imbarazzante, ma mi capita di continuo. Il mio ragazzo mi sente e scuote la testa, rassegnato. Alle volte piango anche, però. Diciamo che quando scrivo sono emotivamente labile, mi colpisce tutto con più forza che nella quotidianità. Anche per questo non so mai quanto passi al lettore e quanto sia un mio film mentale. Ermanno Sensi, in questa nuovo libro, “esce” di più. E’ più fragile, più trasparente, più “umano”. Nel raccontarlo ti sei ispirata a qualcuno o è tutto frutto della tua fantasia? No, no, nessuna ispirazione reale. Ovviamente, ha dei tratti di varie persone, ma specialmente rappresenta una parte della mia personalità. D’altronde, non c’è niente di più proiettivo di un personaggio immaginario. Se non fossi io, chi altri dovrebbe essere? Poi, come tutti i personaggi, a un certo punto diventa quasi reale, con le sue caratteristiche distintive e il suo modo di pensare. Per me è molto facile sapere che cosa farebbe Sensi in questa circostanza o quella. E per lo più è quasi esattamente il contrario di quello che farei io. Però... avrei preso in considerazione quella possibilità, no? Io la scarto, lui la sceglie, ecco. Sensi è uno che con le donne ci sa fare. Uno capace di infilarsi sotto le lenzuola di una donna senza troppi giri di parole. E’ un tipo d’uomo che potrebbe intrigarti o con te andrebbe inesorabilmente in bianco? No, via. Sensi è un semi-professionista, un giro bisognerebbe farcelo per forza. Credo che i problemi veri, con lui, inizino circa un microsecondo dopo il sesso. Come con la maggior parte delle persone vere, a pensarci bene. Se i problemi iniziano già prima diventa masochismo. Nel romanzo c’è qualche dubbio sulla sessualità di Sensi. Mainardi su tutti inizia a farsi delle strane idee. E tu giochi molto con le battute e i doppi sensi. Ti sei mai auto-censurata per una scena, o un dialogo, troppo…coraggiosi? Mh. Domanda difficile. In generale potrei dirti di no, ma non sarebbe del tutto vero. A volte ho scritto dei dialoghi di pessimo gusto, offensivi, denigratori. Rileggendoli ho sempre cercato di fare in modo che fosse chiaro che erano ironici o che esprimevano il particolare punto di vista di un personaggio. Ma questo vale per i commenti razzisti o per la violenza verbale in genere. Non mi pongo restrizioni per quanto riguarda il comportamento sessuale dei personaggi. Tra omo e etero Sensi si definisce “eclettico”, se non sbaglio. “Eclettico” è quello che siamo tutti, in un campo o nell’altro. E solo Mainardi sembra considerarlo importante, nemmeno per motivi molto disinteressati, tra l’altro. Hai in cantiere altri romanzi della serie? Qualche anticipazione? Ho consegnato il prossimo libro della serie, che per il momento si chiama “L’architettura segreta del mondo”. È un libro notevolmente meno “satanico”, ma anche molto più duro degli altri. Esploro un altro pochino il passato di Sensi e chiarisco una volta per tutte qual è la cosa che l’ha quasi fatto impazzire, mentre era infiltrato. Nello stesso tempo, spero che il libro sia anche un’ode all’umanità e alla sua complessità. Come vedi, voliamo basso. Cosa differenzia il lavoro di scrittura per un fumetto e quello per un romanzo? Quasi tutto. La sceneggiatura è una scrittura di tipo tecnico. Scrivi per il disegnatore e per il lettore finale nello stesso momento, quindi alterni momenti puramente letterari a momenti in cui dai istruzioni a qualcun altro, cercando di fargli capire qual è il tono emotivo di ogni passaggio. Quando sceneggi un fumetto hai anche dei limiti di spazio ben precisi. Devi calibrare con grande attenzione i tempi narrativi. Devi tenere in considerazione la parte visiva. Sono due cose davvero diverse. Progetti fumettari? Con precisione non lo so. Sono diventata molto più selettiva. Finalmente pare che uscirà il graphic novel che ho scritto per Casterman quasi quattro anni fa, per i disegni di Armando Rossi, e che finora è rimasto bloccato per motivi a me incomprensibili. Era semplicemente bloccato, senza che nessuno in casa editrice sapesse con esattezza perché e con l’editor che si era dato alla macchia. Adesso è stato impaginato e dovrebbe uscire verso la fine del 2013 inFrancia. Spero che verrà pubblicato anche in Italia, ma non è propriamente in mio potere garantirlo. Ho anche un’altra cosa in cantiere, ma devo trovare i partner giusti con cui realizzarla. Vorrei evitare gli errori fatti in passato, per quanto possibile. Hai in mente qualche storia che non prevede il commissario Sensi? Oh, sì. Ho scritto un romanzo folle che ha come protagonista un uomo politico freddo e calcolatore. Un romanzo di fantascienza, niente meno. È un libro che ho coccolato per qualche anno e che mi piace molto. In questo momento lo sta leggendo la mia editor, ma sono consapevole del fatto che in Salani dovrebbero iniziare a drogarsi, per decidere di pubblicarlo. È un bel po’ strano.
Ciao, Susanna. Com’è iniziato questo 2013? Ciao Carlo. Ti dirò, è cominciato anche bene. Di solito mi sveglio rantolante, quest’anno sono riuscita a evitare. Sarà la vecchiaia? Con il romanzo “Satanisti perbene” sei arrivata al secondo volume della serie dedicata al commissario Ermanno Sensi. Puoi tirare un bilancio del tuo viaggio letterario fino a questo momento? Non so se posso fare un bilancio. Non sono molto brava in queste cose. Sono molto soddisfatta e nello stesso tempo ho ancora un sacco di idee, di progetti, di esperimenti da tentare. Scriverei comunque, ma l’idea di farlo con uno scopo ben preciso la maggior parte delle volte mi aiuta a focalizzarmi. Spero che questo sia solo l’inizio, diciamo. Come è nata l’idea del secondo romanzo e come hai approfondito usi&costumi dei satanisti…perbene e no? Ho fatto un po’ di ricerche, chiaramente. Ho anche conosciuto un certo numero di satanisti, perbene e meno perbene, ma poi ho fatto un po’ come volevo io. Non mi piace aderire troppo alla realtà o a quello che il lettore può percepire come realistico. Se volessi farlo mi darei al giornalismo. Preferisco che lo specchio deformante del mio punto di vista sia evidente. Leggendoti si ha la netta impressione che ti diverta molto. Ti è mai capitato di ridere da sola per una scena scritta da te? È un po’ imbarazzante, ma mi capita di continuo. Il mio ragazzo mi sente e scuote la testa, rassegnato. Alle volte piango anche, però. Diciamo che quando scrivo sono emotivamente labile, mi colpisce tutto con più forza che nella quotidianità. Anche per questo non so mai quanto passi al lettore e quanto sia un mio film mentale. Ermanno Sensi, in questa nuovo libro, “esce” di più. E’ più fragile, più trasparente, più “umano”. Nel raccontarlo ti sei ispirata a qualcuno o è tutto frutto della tua fantasia? No, no, nessuna ispirazione reale. Ovviamente, ha dei tratti di varie persone, ma specialmente rappresenta una parte della mia personalità. D’altronde, non c’è niente di più proiettivo di un personaggio immaginario. Se non fossi io, chi altri dovrebbe essere? Poi, come tutti i personaggi, a un certo punto diventa quasi reale, con le sue caratteristiche distintive e il suo modo di pensare. Per me è molto facile sapere che cosa farebbe Sensi in questa circostanza o quella. E per lo più è quasi esattamente il contrario di quello che farei io. Però... avrei preso in considerazione quella possibilità, no? Io la scarto, lui la sceglie, ecco. Sensi è uno che con le donne ci sa fare. Uno capace di infilarsi sotto le lenzuola di una donna senza troppi giri di parole. E’ un tipo d’uomo che potrebbe intrigarti o con te andrebbe inesorabilmente in bianco? No, via. Sensi è un semi-professionista, un giro bisognerebbe farcelo per forza. Credo che i problemi veri, con lui, inizino circa un microsecondo dopo il sesso. Come con la maggior parte delle persone vere, a pensarci bene. Se i problemi iniziano già prima diventa masochismo. Nel romanzo c’è qualche dubbio sulla sessualità di Sensi. Mainardi su tutti inizia a farsi delle strane idee. E tu giochi molto con le battute e i doppi sensi. Ti sei mai auto-censurata per una scena, o un dialogo, troppo…coraggiosi? Mh. Domanda difficile. In generale potrei dirti di no, ma non sarebbe del tutto vero. A volte ho scritto dei dialoghi di pessimo gusto, offensivi, denigratori. Rileggendoli ho sempre cercato di fare in modo che fosse chiaro che erano ironici o che esprimevano il particolare punto di vista di un personaggio. Ma questo vale per i commenti razzisti o per la violenza verbale in genere. Non mi pongo restrizioni per quanto riguarda il comportamento sessuale dei personaggi. Tra omo e etero Sensi si definisce “eclettico”, se non sbaglio. “Eclettico” è quello che siamo tutti, in un campo o nell’altro. E solo Mainardi sembra considerarlo importante, nemmeno per motivi molto disinteressati, tra l’altro. Hai in cantiere altri romanzi della serie? Qualche anticipazione? Ho consegnato il prossimo libro della serie, che per il momento si chiama “L’architettura segreta del mondo”. È un libro notevolmente meno “satanico”, ma anche molto più duro degli altri. Esploro un altro pochino il passato di Sensi e chiarisco una volta per tutte qual è la cosa che l’ha quasi fatto impazzire, mentre era infiltrato. Nello stesso tempo, spero che il libro sia anche un’ode all’umanità e alla sua complessità. Come vedi, voliamo basso. Cosa differenzia il lavoro di scrittura per un fumetto e quello per un romanzo? Quasi tutto. La sceneggiatura è una scrittura di tipo tecnico. Scrivi per il disegnatore e per il lettore finale nello stesso momento, quindi alterni momenti puramente letterari a momenti in cui dai istruzioni a qualcun altro, cercando di fargli capire qual è il tono emotivo di ogni passaggio. Quando sceneggi un fumetto hai anche dei limiti di spazio ben precisi. Devi calibrare con grande attenzione i tempi narrativi. Devi tenere in considerazione la parte visiva. Sono due cose davvero diverse. Progetti fumettari? Con precisione non lo so. Sono diventata molto più selettiva. Finalmente pare che uscirà il graphic novel che ho scritto per Casterman quasi quattro anni fa, per i disegni di Armando Rossi, e che finora è rimasto bloccato per motivi a me incomprensibili. Era semplicemente bloccato, senza che nessuno in casa editrice sapesse con esattezza perché e con l’editor che si era dato alla macchia. Adesso è stato impaginato e dovrebbe uscire verso la fine del 2013 inFrancia. Spero che verrà pubblicato anche in Italia, ma non è propriamente in mio potere garantirlo. Ho anche un’altra cosa in cantiere, ma devo trovare i partner giusti con cui realizzarla. Vorrei evitare gli errori fatti in passato, per quanto possibile. Hai in mente qualche storia che non prevede il commissario Sensi? Oh, sì. Ho scritto un romanzo folle che ha come protagonista un uomo politico freddo e calcolatore. Un romanzo di fantascienza, niente meno. È un libro che ho coccolato per qualche anno e che mi piace molto. In questo momento lo sta leggendo la mia editor, ma sono consapevole del fatto che in Salani dovrebbero iniziare a drogarsi, per decidere di pubblicarlo. È un bel po’ strano.
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