Visto in tv.
In una famiglia allargata (amici, partner degli amici, ex e colleghi) che verte attorno ad una coppia omosessuale subentra una violenta crisi dopo il coma improvviso di uno dei due vertici. La crisi sarà emotiva per molti, famigliare per qualcuno, sociale per altri. L'elaborazione del lutto, l'affrontare i rapporti di coppia e il senso di abbandono (ma anche del tempo che passa) sarà un bisogno comune.
Ozpetek non lo conosco molto (inizio oggi), ma mi ha colpito la cura nel gestire gli spazi e la fotografia, gli oggetti disposti sulla scena ed i colori (su tutte sono un piccolo capolavoro le sequenze ambientate nel negozio di fiori, niente di esagerato e pacchiano, solo una disposizione ragionata delle cose), le location che permettono ambienti ampi in cui guidare la caterva di attori e di fatti che si susseguono, l'attenzione ai vestiti che devono essere in linea con il mood. Insomma un regista estetico, e la cosa mi piace.
Purtroppo però il film inizia male, con un susseguirsi di accomodanti scene di amicizia e amore piuttosto stucchevoli; certamente tutte utili per sottolineare la differenza che ci sarà dopo il coma e la morte, ma decisamente se ne poteva fare a meno. Il dinamico finale, accomodante e dal tono compiacente, ma dimesso è un capolavoro di demagogia e di già visto, che funziona perfettamente, ma mi ha lasciato ancora di più con l'amaro in bocca. Nel mezzo il film si muove meglio e si dispone a dare qualche momento veramente buono con il personaggio di Ambra Angiolini. Complessivamente però l'impressione che mi ha dato è di voler essere il film che il pubblico vorrebbe avere senza osare mai nulla, con una certa (ingiustificata) incertezza nella scrittura dei dialoghi. Il cast impeccabile (tranne Favino, ma lui si per una mia idiosincrasia; non lo riesco a tollerare) fa i salti mortali, ma il problema di sceneggiatura rende anempatica l'intera vicenda.