Qualcosa che non si possa mostrare su uno schermo perché troppo “near the bone” (vicino all'osso), come dicono gli inglesi?
Il dibattito è acceso e di lunga data, soprattutto su un aspetto terribile della nostra storia recente: l’Olocausto. Più o meno tutti i registi che se ne sono occupati hanno dovuto fare i conti con polemiche accesissime e dibattiti infiniti. E’ successo a Spielberg con Schindler’s List e a Benigni con La vita è bella, tra gli altri.
All’ultimo Festival di Cannes, c’era un film che ha avuto il riconoscimento più importante dopo la Palme D’Or, il Grand Prix du Jury, che parlava proprio di questo: Saul Fia (Il Figlio di Saul) di László Nemes. E, incredibile ma vero, questo giovane uomo di 38 anni al suo primo lungometraggio, sembra avere messo tutti d’accordo. E, dopo aver visto il film, si capisce benissimo perché.
Il regista ungherese László Nemes
Ottobre 1944, Campo di sterminio di Auschwitz.Saul, ebreo ungherese, fa parte di un sonderkommando, ovvero un gruppo di lavoro creato dalle SS e composto da ebrei che al loro arrivo nei lager vengono scelti (essenzialmente per la loro robusta costituzione) per fare il lavoro “sporco” e avere così risparmiata la vita per qualche mese. Il lavoro consiste nell’accompagnare i nuovi arrivati verso le camere a gas (facendo loro credere che si tratti di docce), rimuovere i loro corpi (i “pezzi”, come li chiamano i loro aguzzini), trasportare i cadaveri verso i forni crematori e poi disperdere la loro cenere. Un giorno, Saul assiste alla scena di un ragazzino che viene ritrovato ancora vivo dopo la camera a gas (e che viene ucciso subito dopo). Dentro Saul scatta qualcosa, forse l'ultimo spiraglio di umanità: non avrà pace sino a quando non avrà dato una degna sepoltura a questo ragazzo. La sua spasmodica ricerca di un rabbino si intreccia con il tentativo, da parte del sonderkommando, di fare un attentato contro le SS per cercare la libertà.
Come sempre, in questi casi, mi sorge spontanea un’unica domanda: ma come è stato possibile che degli essere umani abbiano fatto questo ad altri esseri umani?
E mi torna in mente quella battuta, agghiacciante quanto efficace, sentita in un film di Woody Allen (credo fosse Deconstructing Harry/Harry a pezzi ma non ne sono certa).
La sorella molto credente ed osservante del protagonista, interpretato da Allen stesso, lo rimprovera:
- Tu sarai uno di quelli che finiranno con il negare l’Olocausto!
E lui; di rimando:
- Ti sbagli, sorella, non solo so che hanno ammazzato 6 milioni di noi ebrei, ma so anche che i record sono fatti per essere battuti.
Ecco, in questo caso, speriamo proprio di no.