Vedono la magia dappertutto, Iris e Colette, adolescenti che sognano di fuggire da un paese, Ondine, in cui l’unico avvenimento di rilievo è stato la scomparsa di un ragazzo, Elijah Landry, avvenuta quando loro non erano ancora nate. E così fingono di poter compiere magie e si dedicano a piccole trasgressioni immaginando di conoscere cose che nessun altro conosce.
Tutto cambia all’improvviso nel momento in cui una delle due ragazzine, Iris, distesa per gioco su una lapide al cimitero, sente una voce che le chiede cosa stia facendo.
Allucinazione? Sogno? Una fantasia troppo fervida? O forse si tratta davvero di un fantasma, tornato sulla Terra per qualche misterioso motivo? Magari proprio quello di Elija, protagonista involontario dell’unico storia che valga la pena di essere narrata in un paese che sembra bloccato nel tempo. È quello che si chiedono le giovani amiche, che naturalmente decidono di indagare. A loro si aggiunge Ben, ragazzo a cui Colette fa gli occhi dolci e soprattutto possessore di una tavola Ouija capace di mettere in comunicazione con i morti.
La vicenda, iniziata per sfuggire alla monotonia del paese, si trasforma presto in qualcosa di inquietante. Lo spettro inizia a far sentire la sua presenza con gesti apparentemente privi di senso, capaci di ferire la protagonista e di lasciarla con più interrogativi che risposte.
Di pari passo con il procedere delle indagini, poi, mutano i rapporti fra i personaggi. Bisticci, gelosie, incredulità, diffidenza, il tutto accompagnato da un senso d’impotenza e di frustrazione, perché chi sa qualcosa non vuole rivelarlo, e il distacco con il mondo degli adulti si fa sempre più accentuato.
A metà strada fra il mystery, il racconto gotico e il romanzo adolescenziale, L’estate dei fantasmi presenta una storia ben costruita capace di tenere in dubbio il lettore fino alla fine sul reale svolgimento dei fatti avvenuti tanto tempo prima. Le pagine scorrono veloci, delineando i dilemmi di una ragazzina che sta crescendo senza sdolcinature o cadute di tono, e senza bloccare la trama in problemi esistenziali che avrebbero potuto annullare il tono fantastico che invece anima la storia.
Saudra Mitchell, al suo esordio come scrittrice dopo aver trascorso anni a scrivere sceneggiature, dimostra di saper usare bene le parole come le immagini, passando con disinvoltura da atmosfere suggestive ad altre più quotidiane, rendendo reale e credibile la sua protagonista e i diversi aspetti che la compongono. E se per Iris all’inizio del romanzo fantasticare è l’unico passatempo possibile, per il lettore fantasticare con lei è comunque un ottimo modo per passare il tempo.