Partiamo dall’antefatto. Saverio Romano è un deputato siciliano indagato per mafia. Secondo un pentito egli sarebbe stato a disposizione delle cosche. Un’accusa grave, che però – secondo la Procura – non ha trovato alcun riscontro. Da qui la richiesta di archiviazione, che attende il giudizio del GIP, che si pronuncerà solo la prossima settimana.
Orbene, davanti a questo inghippo procedurale, prima Napolitano ha espresso perplessità in ordine alla sua nomina a Ministro dell’Agricoltura, e poi l’opposizione ha tratto il solito inappellabile giudizio di colpevolezza: Romano è indagato e dunque non può rivestire quel ruolo. Anche perché, se il GIP non si è ancora pronunciato, deve per forza essere colpevole. No? Eppure così non è, e non dovrebbe essere. Primo perché il nostro sistema processuale distingue due fasi: la fase procedimentale che è preliminare e che può concludersi con la richiesta di archiviazione o il rinvio a giudizio, senza alcun (alcun!) giudizio prognostico sulla colpevolezza, che non sia eminentemente di parte (e cioè dell’accusa). Ed è il caso di Romano. E poi, la fase processuale, che succede alla richiesta di rinvio a giudizio e che può concludersi con un pronunciamento di colpevolezza o innocenza. E siamo solo al primo grado. Poi abbiamo l’appello, e infine la Cassazione (comunque eventuali).
Se questo è vero, ancora una volta mi chiedo: ma questo benedetto art. 27 della Costituzione, a sinistra (e ora pure in FLI) lo vogliono o no imparare? Non è che nella nostra carta esiste solo l’art. 21 Cost. o l’art. 3. Esiste anche l’art. 27, ed esistono tante altre norme nella nostra Costituzione che spesso i sinistri e gli pseudo-destri dimenticano, tanto sono accecati dal livoroso antiberlusconismo.
Il vero è che tutto questo è sconfortante. Dinanzi a questi emblematici episodi, emerge ancora una volta quanto il potere giudiziario, sostenuto da una certa parte politica, abbia acquisito la straordinaria capacità di condizionare (volontariamente o involontariamente) gli assetti e gli equilibri politici del Belpaese. È sufficiente un avviso di garanzia, o addirittura il diniego di una richiesta di archiviazione – che, come ho spiegato, costituisce la croce su un procedimento penale – per alterare i rapporti istituzionali e costringere un partito o una coalizione di partiti a scegliere non secondo la loro discrezionalità politica, ma secondo gli atti processuali di un qualsivoglia Tribunale o Procura.
Questo è assolutamente inaccettabile, e dimostra per l’ennesima volta la profonda alterazione istituzionale creatasi nella vita politica italiana. Eppure, per rimediare (a di là delle evidenti e necessarie riforme costituzionali che riassettino i rapporti tra i poteri dello Stato), sarebbe già sufficiente ricordarsi che prima di considerare una persona colpevole dei fatti per cui è accusato, i gradi del processo da superare devono essere tre. Solo dopo che l’ultimo grado ha sancito definitivamente la condanna, allora si può dire che quella persona è indegna o non idonea a rivestire la carica per la quale è proposta. Diversamente, attribuiremo ai giudici non solo il giudizio giuridico sulla violazione delle norme, ma anche quello peculiarmente morale. Il che non è compatibile con uno Stato di diritto e una democrazia compiuta.
Autore: Il Jester » Articoli 1379 | Commenti: 2235
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