La petroliera Savina Caylyn, sequestrata da pirati somali
Giuseppe Lubrano Lavadera - comandante dell'equipaggio della petroliera Savina Caylyn, sequestrata da 183 giorni da giovani pirati somali nell'Oceano Indiano con a bordo 5 italiani, di cui 4 orginari dell'isola di Procida, e 17 indiani - ha lanciato un appello disperato alla moglie, dicendo che "Per l’amor di Dio, aiutateci a non morire. Cara Nunzia dillo a tutti: all’armatore e alla Farnesina. Se entro una settimana non si chiude la trattativa, qui a bordo inizieranno le torture sistematiche di tutti i membri dell’equipaggio. Con conseguenze tragiche. Questi ci preannunciano che ci ammazzeranno ad uno ad uno. Santo Iddio, perché? Che male abbiamo fatto per non essere aiutati? Siamo persone che sono andate a guadagnarsi il pane onestamente in un tipo di lavoro duro, pieno di sacrifici, sul mare".Sono ripartite le manifestazioni di solidarietà per l'equipaggio della petroliera sequestrata, alle quali il Governo italiano ha risposto dicendo che avrebbe voluto effettuare un'iniziativa militare, ma le famiglie dll'equipaggio si sono opposte, e che è escluso il pagamento di un riscatto - si tratterebbe di favoreggiamento della pirateria.
A questo punto, allora, ci si chiede: come si può risolvere la situazione, tenuto conto che le uniche richieste dei pirati somali sono economiche?
Il fenomeno della pirateria somala preoccupa molto. Nei giorni scorsi, la Round Table of International Shipping Aassociations ha chiesto all'ONU un'intervento più efficace. Si sospetta che le acque tra l'Africa orientale e l'Oceano Indiano siano state di fatto cedute ai pirati.
E' stata richiesta, pertanto, la presenza di squadre di militari ONU sui mercantili, con funzione di scorta.
Tuttavia, la previsione di scorte armate sui mercantili può rivelarsi problematica, perchè le Autorità egiziane hanno fatto divieto di trasportare armi sui carghi che attraversano il canale di Suez.
La speranza è che l'equipaggio italiano della Savina Caylyn sia liberato al più presto, prima che accada qualcosa di irreparabile.
Roma, 19 settembre 2011, Avv. Daniela Conte
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