SAVITA HALAPPANAVAR
In nome e per conto del Paese cattolico, Savita è morta tre giorni dopo, uccisa dalla setticemia che ha ucciso prima il feto e poi lei, avvelenandole il sangue.
Proprio come piace ai religiosi di tutte le religioni che da alcune migliaia di anni e sempre ispirati da un essere supremo di infinita potenza – il sole, una donna con sei braccia, un serpente, un libro, un vecchio tra le nuvole, un pescatore tra i diseredati – fanno scorrere il sangue di uomini, donne, popoli.
Si sperava che nel ventunesimo secolo, la lunga guerra tra la libertà e il fanatismo avrebbe vinto la sua battaglia non violenta almeno nelle nazioni più avanzate.
E che nelle nostre società di cittadini e non di sudditi ogni credenza religiosa fosse ammessa nei liberi comportamenti privati, mai considerata prevalente, mai imposta per legge.
E si sperava che le donne fossero libere di scegliere da sole il destino della loro vita specie nei territori così intimi della maternità.
Ma non c’è verso.
Davanti al cadavere di Savita, i responsabili dell’ospedale hanno detto di essere vicini alla famiglia, ma di avere rispettato le procedure.
Poi sono andati a cena, oppure a messa con le procedure.
(Pino Corrias)
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