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Scacco a Dio, Roberto Vecchioni [Le storie ribelli di chi vuol essere altro da sé]

Creato il 25 novembre 2013 da Frufru @frufru_90
Scacco a Dio, Roberto Vecchioni [Le storie ribelli di chi vuol essere altro da sé] Quando ho saputo che quest'anno Vecchioni era stato candidato al Premio Nobel per la Letteratura, ho pensato che avrei voluto leggere un suo libro, anche solo per farmi un'idea del Professore in versione di scrittore. Mi sono ritrovata tra le mani questo titolo per caso, poteva essere qualsiasi altro, sinceramente, purché fosse stato scritto da Roberto Vecchioni.
Alla fine posso dire che a me il Professore è piaciuto anche in questa versione più inedita. L'argomento del libro è impegnativo, ma Vecchioni lo affronta con leggerezza e, al tempo stesso, con un bagaglio culturale che si percepisce nitidamente. A fine lettura mi sono sentita davvero arricchita, piena di storie che non conoscevo e consapevole di non aver forse compreso tutto fino in fondo. Ci rifletterò.
Ma torniamo al libro. Scacco a dio è una bellissima, e originale, riflessione sul libero arbitrio degli uomini. Esiste o no? Dio sa tutto, è vero, ma, dice lui stesso, sapere non significa determinare.
« Io ti ho chiesto di parlarmi degli uomini, e precisamente di quelli che mi hanno sfidato e, secondo te, battuto: io, Teliq, non vinco mai con gli uomini, io permetto sempre di darmi scacco, perché siano loro a inventare la vita: perché questa è la loro libertà».
Scacco a Dio è un dialogo tra Dio e Teliq, un immortale che vive tra gli uomini da sempre e che per questo li conosce meglio di chiunque altro. Dio va da lui, confessandogli una sua mezza crisi, vuole farsi spiegare gli esseri umani, i loro comportamenti, vuole cercare di capire queste persone che credeva di aver creato a sua immagine e somiglianza, ma che invece sembrano sfuggire al destino che aveva pensato per loro. Così Teliq, molto pazientemente, inizia a raccontare a Dio le storie ribelli, a cavallo tra realtà e mito, di chi ha voluto essere altro da sé e sembra che abbia dato, così, scacco a dio:
- Il primo di cui narra Teliq è Oscar Wilde che, dopo il carcere, ha vissuto sotto falsa identità in un convento francese, non solo fingendo di essere un altro, ma sentendosi davvero, nel profondo, un altro.
- Non esiste ingiustizia divina, - replicò Wilde. - Quel che riteniamo ingiusto è solo il nostro amor proprio offeso. Solo gli uomini sbagliano, e in due modi: ritenere gli altri peggio di sé e ritenere se stessi, sempre e comunque, al di sopra degli altri.- Dio - controbatté Gide - è il passatempo preferito della nostra mediocrità: una personalità che supplisca a quella che non abbiamo.
- Cinquant'anni fa, a Dallas, per il mondo morì, ucciso, Kennedy. Solo Teliq e la moglie conoscono la verità: JFK non è morto a Dallas, perché quell'attentato è stato proprio lui a pensarlo. Era stufo di essere il Presidente degli Stati Uniti e non sapeva come uscire fuori da quella situazione, sarebbe stato un vigliacco a dimettersi, così decise di morire. Se tutti lo avessero creduto morto, ucciso per giunta, non lo avrebbero visto come un vigliacco, ma come un eroe. Per questo ha progettato un attentato a se stesso, mettendo in quella macchina scoperta il suo sosia e poi sparandogli, da una finestra lì vicino. Il sosia morì, ma per il mondo morì JFK e lui, che in realtà era vivo, poteva andare in Islanda, a vivere una vita normale.
- Segue la storia dai destini incrociati di Kit Marlowe e William Shakespeare. Il teatro diventa metafora della vita: la verità si mischia e si confonde. Chi è Marlowe e chi Shakespeare? Chi dei due è stato davvero ucciso? È Marlowe che ha preso le sembianze e il genio dell'amico che ha fatto uccidere, perché c'era un solo destino per entrambi, oppure è Shakespeare che finge di essere Marlowe, identificandosi quindi con il poeta, con l'uomo, che per lui provava profonda stima e ammirazione? Chi è davvero Shakespeare? 
Tutto a questo mondo si può cambiare, imparare, tranne il genio, l'estro. O ce l'hai o non ce l'hai. Il genio è come un marchio inconfondibile, ognuno si porta sulla pelle e nelle viscere il suo, che è suo e basta. Non puoi mutarlo, non puoi snaturarlo, perché se ci provi, inaridisce e muore, e tu con lui.
- Sapete chi sono José Raùl Capablanca e Alex Alekhine? No? Be', non lo sapevo nemmeno io prima di leggere questo capitoletto, d'altra parte non so nemmeno giocare a scacchi, quindi era davvero poco probabile che io potessi conoscere due grandi campioni. Capablanca è un genio che ha gli scacchi naturalmente nel sangue, mentre Alekhine è uno che ha dovuto studiare molto per raggiungere certi livelli. Di solito i campioni di scacchi sono nemici oppure si ignorano, invece José e Alex sono amici, più che altro. Capablanca è strafottente, ama tutte le donne, non sbaglia mai, ha ogni mossa in testa, il suo talento è senza dubbio un immenso dono della natura. È astuto, bugiardo, è uno che porta gli altri dove vuole senza che loro si accorgano di essere stati pilotati. Lo fa in quella scacchiera di 64 caselle, lo fa nella vita. È lui che detiene il titolo di campione del mondo di scacchi. Alex si allena per anni e anni in previsione del giorno in cui il suo amico gli permetterà di sfidarlo. Quando quel giorno arriva Alex vince, conosceva ogni trucco, ogni difesa: tutto. Pensa di aver compiuto il suo scacco a Dio, ma Capablanca gli rivela che non ha vinto davvero, è semplicemente lui che si è lasciato sconfiggere. Ha fatto in modo che Alekhine credesse di potercela fare, lo ha lasciato fare perché non c'è differenza tra vittoria e sconfitta se siamo noi a sceglierla.
- Vedi, Alex, non c'è nessuna differenza tra vincere e perdere, quel che conta è sceglierlo da soli.
- Edoardo Nicolardi è un poeta napoletano, tutti lo guardano con superiorità, perché è solo un poeta, un nullafacente. Un giorno si innamora di Anna, la chiede in sposa, ma il padre non acconsente e la fa sposare con un altro che lei ovviamente non ama. Edoardo e Anna soffrono. Lei vive in una casa che odia e lui ogni notte si apposta sotto la finestra di lei. Sta lì, cantandole il suo amore, convinto che lei lo senta. È così che nasce una canzone molto famosa a Napoli, Voce 'e notte. La storia ha un lieto fine però, perché quando il marito di Anna muore, lei ed Edoardo, finalmente, si sposano e sì, vivono per sempre felici e contenti.
La vita è passata come un corteo di figure inutili, a parte il tempo di quella finestra: è celebre e non ha un soldo, ha sognato troppo per vivere veramente.
- Evariste Galois era un matematico, un matematico più grande di Gauss e Cauchy, un genio. Credeva nell'infallibilità di tutta la logica, in particolare della sua. Per questo si lascia uccidere in un duello. Chevalier, il suo amico, riesce a capire il motivo di questo vero e proprio suicidio sfogliando tra i suoi appunti. Galois aveva scoperto un teorema che dimostrava l'impossibilità per gli uomini di essere liberi. Non è riuscito a sopportare la conclusione logica del suo ragionamento, non riusciva a pensare di non poter decidere niente, per questo si è fatto uccidere.
- Dopo Galois è la volta del ben più noto Federico II, imperatore del Sacro Romano Impero e gran figlio di puttana. Il Papa Innocenzo IV l'ha appena scomunicato e destituito. Tra poco dovrà lasciare il suo trono imperiale, sarà la fine. Federico in fondo avrebbe voluto solo occuparsi della terra, lasciando le anime e il cielo ai preti, ma loro, figuriamoci, vogliono tutto. Sono assetati di sangue e soldi, di dio tendenzialmente se ne fregano. Federico II ha bisogno di discutere della fede con un uomo normale, uno non troppo dentro la chiesa, ma col cuore pieno di dio. Così, dall'Umbria, circondato da una nube di uccellini, arriva Francesco. Federico gli fa leggere sia la Bibbia che il Corano e gli chiede un parere su quale dio sia più universale e vicino agli uomini. Dopo la risposta (che non si conosce), Federico II decide di allearsi con gli islamici per far invadere loro l'Italia e togliere tutto quel potere temporale alla chiesa. Ha già in mente come farla pagare a Innocenzo IV, ma di notte muore. (Alla fine si scopre che quel Francesco era solo un ciarlatano e non quello di Assisi).
- Ma lo capisci o no che io sono ogni cosa, che io voglio ogni cosa? Il cielo, quello ce l'abbiamo già, ma di chi è la terra? Io non posso salvare le anime, e manco so se lo voglio, se prima non possiedo i corpi. Io non posso predicare puro spirito: chi se lo beve più, chi se lo mangia? Io devo essere padrone della materia , delle cose, e prometterle al volgo senza dargliele mai e prometterle ai potenti per dargliele quando mi conviene. La Chiesa non è una fabbrica dell'aldilà: che preghino per questo; noi dobbiamo garantire che nulla cambi, che il mondo resti com'è, e per farlo lo dobbiamo avere nelle nostre mani. [Queste parole sono pronunciate, nel libro, da Innocenzo IV]
- Alec Guinness è un attore, un ateo. Paul, suo figlio, è molto malato, sta per morire. Durante una pausa tra le riprese di un film, per caso si ritrova in una chiesa e a un prete confida tutti i suoi dubbi, chiedendo di dire a dio di battere un colpo, di muovere per primo la pedina, se vuole in cambio il suo amore. Gli chiede un miracolo, il prete sembra prometterglielo e in effetti Paul guarisce. Ad Alec Guinness non resta che amare dio, così, sinceramente, si converte.
- Devo chiedere una cosa a Dio. 
- Ma se sei ateo!
- Essere ateo non significa che lui non c'è, ma solo che non ci credi.
- Un giovane nuovo poeta romano, Catullo, incontra Clodia, una volta, a casa sua. Non riuscirà mai più a togliersela dalla testa. Clodia diventerà per lui Lesbia. Le dedicherà poesie piene zeppe d'amore. È il suo amore, il suo unico amore, anche se completamente immaginario. L'invenzione di Lesbia e quell'amore che lui sente "quasi reale" sono il suo scacco a dio.
Cos'è la mia poesia? Né il martello di un fabbro, né la striglia di uno stalliere. Consolano di più una carezza, un bacio, un abbraccio, una parola detta, viva, che non questo vaneggiare per versi: vuoi mettere una cena tra amici con una elegia?
- Veronica Franco è una famosa cortigiana del Cinquecento ed è anche una poetessa. Ha scelto lei di vendere il suo corpo, per cercare di essere una donna libera. Purtroppo il suo lavoro finisce per oscurarne il genio, ma dalle sue poesie furono attratti, ad esempio, Tintoretto, Torquato Tasso, Montaigne. Lei compie uno scacco a dio perché riesce a liberarsi dalla condizione in cui, in quanto donna, avrebbe dovuto vivere.
L'ultimo racconto non è Teliq a narrarlo a Dio, ma Dio a narrarlo a Teliq. È il racconto di Varenne, che avrebbe dovuto essere un cavallo qualunque e invece diventò il più forte di tutti. Scacco matto, ancora.
Può un cavallo essere felice? Può. A voi uomini sembra impossibile, perché non potete leggerci dentro. Ma noi non abbiamo ieri e domani, noi abbiamo solo il momento che resta e non passa, quel che è stato non conta, quel che sarà non c'è: ogni frammento, ogni giorno fa parte a sé: ogni giorno di gioia è come eterno ed è quello il nostro segreto.A voi uomini sembra impossibile, perché non conoscete la felicità.


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