Gli ultimi episodi di Scandal, a partire dal quinto di questa terza stagione, hanno tracciato una vera e propria linea di demarcazione per la serie, fra le più seguite negli Stati Uniti. La trama si è infittita, e le diverse storylines messe in campo dagli autori sono vincenti almeno quanto quelle che Shonda Rhimes pensò per le prime cinque stagioni di Grey’s Anatomy. Così, mentre Meredith e compagni arrancano in uno show che potrebbe avere ancora molto da dire ma prosegue con il freno tirato (calo “fisiologico” a parte), Olivia e gli altri alla Casa Bianca appagano la sete di tutti i maniaci seriali del globo. Ma la forza di Scandal non risiede soltanto nei suoi intrighi. Sono le pedine di questi delicati schemi di potere la vera e propria punta di diamante di una riuscitissima operazione di sceneggiatura televisiva. Mellie Grant e Cyrus Beene ne sono un esempio lampante. La seguente è un’ode alla loro cattiveria, alla frustrazione e all’arrivismo che li muove. Perché dimostra che un buon personaggio nasconde sempre molto di più di quello che mostra. E motiva le sue azioni pagina dopo pagina. Scena dopo scena.
Mellie, infatti, è una donna coraggio nell’accezione più malata del termine, ma una tale deformità d’animo ha le sue intricatissime fondamenta. La abbiamo vista sacrificare tutto per suo marito. La sua integrità, la sua vita, il suo lavoro. E adesso lotta per l’unica cosa che le è rimasta, l’unica che le hanno concesso di coltivare nel suo orticello di donna che non deve emanciparsi, e che deve attenersi strettamente ad un ruolo stereotipo e maschilista: il potere. Non può fare altro, perché le hanno tolto ogni altra cosa in cui credeva. Hanno deformato con violenza le sue intenzioni, estirpando quelle migliori, di donna innamorata ma decisa a non rimanere all’ombra di un uomo così potente come il Presidente degli Stati Uniti d’America. Il suo personaggio è una riflessione meravigliosa sul ruolo della donna nelle sale del potere, si fa emblema della rappresentazione di una femminilità estrema, sensuale, mai eccessiva. Eppure possiede un tratto crudele, un lato oscuro spietatamente raffinato. Mellie Grant non è sempre stata la First Lady che deve apparire come moglie e madre perfetta. E di certo non è mai stata una stereotipata Bree Van de Kamp. Chi ha scritto del suo passato ha voluto mettere gli spettatori di fronte ad una donna il cui animo è stato violentato in nome della corsa alla Casa Bianca, che ha fatto (e sopportato) di tutto per amore. Ed è come se Scandal ci stesse conducendo pian piano verso la consapevolezza che sia arrivato il momento per Mellie Grant di riscuotere quello che desidera, perfino il rispetto di un marito che non la ama più. D’altra parte, per come è stata disegnata, non ha scelta: potrebbe divorziare, è vero. Ma questo significherebbe affondare politicamente il Presidente. E lei non può farlo.
Sembra che la Rhimes abbia dichiarato che Cyrus Beene sia uno dei personaggi più interessanti che abbia mai scritto, e che l’idea della sua evoluzione le sia venuta d’improvviso una mattina, quando svegliandosi ha detto a se stessa: “Cyrus è gay, ha un marito e per lui tutto gira intorno al fatto che non potrà mai essere presidente“. È innegabile che alla base della strenua lotta di Cyrus per la difesa del Presidente Grant ci sia un fortissimo sentimento di frustrazione. Mister Beene non fa il lavoro che avrebbe voluto fare. È relegato ad un ruolo che somiglia lontanamente a quello che avrebbe voluto ricoprire. Come molti ha coltivato un sogno che non è mai riuscito a realizzare, ma a differenza di tanti comuni mortali ha sognato così in grande che la bolla delle aspettative gli è scoppiata in viso con una violenza aberrante: le macchie provocate sono quelle che gli hanno intriso lo sguardo di un arrivismo aspro e sconfinato. Non si può far finta di niente e compatirlo, certamente Cyrus è crudele. Più di quanto ci si potesse aspettare. Ma di fronte a una tale abnorme deviazione d’animo bisogna ammettere che la complessità di cui è investito colma una lacuna nel mondo della lunga serialitá: finalmente lo spettatore è alle prese con un omosessuale totalmente scevro di attitudini o tratti stereotipati, che non nasconde la propria identità pur detestandola, perché da lui stesso ritenuta in parte responsabile del freno alla sua carriera.
Per certi aspetti Mellie Grant e Cyrus Beene sono molto simili. Lottano entrambi per l’unica cosa che è rimasta loro. Si tengono stretta quella poltrona guadagnata con l’inganno, nonostante Scandal ci abbia insegnato che non è solo velluto il materiale su cui poggiano le terga dei potenti. È dinamite la cui miccia può far saltare tutti in aria in pochi istanti. In un gioco di equilibri così perverso che lo spettatore ne è vittima almeno quanto i personaggi. E che magistralmente riesce ad occultare la chiave di lettura che permetterebbe di vedere chiaramente il confine fra bene e male, fra buoni e cattivi. Fra innamorati e opportunisti.