Lo scandalo della carne equina scovata in alimenti che non avrebbero dovuto contenerla si sta allargando a macchia d’olio. Allo stesso modo, vista anche la crisi che ha portato alla chiusura di diversi ippodromi, cresce la paura che parte di tale carne possa provenire da ex cavalli sportivi, introdotti illecitamente nella catena alimentare umana e magari trattati con sostanze che potrebbero costituire un potenziale pericolo per l’uomo.
Secondo FederFauna, la Confederazione Sindacale degli Allevatori, Commercianti e Detentori di Animali, il problema e’ dovuto soprattutto all’attuale normativa, che impone al proprietario di un equide di scegliere se esso sara’ Destinato alla Produzione Alimentare (DPA) o, in modo irreversibile, non Destinato alla Produzione Alimentare (non-DPA).
La scelta di dichiarare un cavallo non-DPA consente molta piu’ liberta’ nell’uso dei farmaci, ma essendo oggi irreversibile, impone ai proprietari spese non sempre sostenibili, magari per mantenere a vita un animale non solo non piu’ utilizzabile per le corse, ma magari neanche per fare una passeggiata, oppure per lo smaltimento della sua carcassa una volta morto. Spese che possono indurre piu’ di qualcuno a cercare illecite scorciatoie.
Secondo FederFauna il problema potrebbe essere risolto rendendo reversibile la scelta e prevedendo un adeguato tempo di sospensione per i farmaci che garantisca la sicurezza alimentare. Del resto, le granaglie, la frutta e la verdura, tanto care agli animalisti, sono trattate addirittura con dei veleni perche’ non siano mangiate prima dai parassiti che da noi, ma grazie ad adeguati tempi di sospensione dei trattamenti non corriamo alcun pericolo. La possibilita’ di reversibilita’ della destinazione degli animali garantirebbe gli allevatori e i proprietari da possibili perdite ed i cavalli dal rischio di essere abbandonati o macellati clandestinamente o spediti chissa’ dove, ed una filiera controllata garantirebbe i consumatori.
Anche la FVE (Federazione dei Veterinari Europei), gia’ nel 2011 ha preso posizione sullo status dell’equide in relazione al benessere animale, sostenendo che “crede fermamente che, nell’interesse del benessere animale, vada mantenuto l’attuale inquadramento, che considera i cavalli prioritariamente come animali produttori di alimenti”.
Per FederFauna, quindi, il concetto di animale d’affezione deve essere legato ad una condizione temporanea e reversibile. La lobby degli animalisti, invece, continua ad esercitare pressioni perche’ al cavallo venga assegnato un vero e proprio “status” di animale d’affezione, irreversibile, tanto che piu’ di qualcuno comincia a sospettare che questa lobby cosi’ potente e agguerrita possa essere spinta, oltre che dall’idea di creare un giro di costosissimi ospizi per cavalli, cosi’ come avviene per i cani randagi, anche da qualche azienda farmaceutica che da tale situazione potrebbe trarre ottimi profitti.
Buone notizie, pero’, arrivano da oltreoceano: il Dipartimento dell’Agricoltura Americano (Usda) ha annunciato che, per la prima volta dal bando posto nel 2007, entro 2 mesi permettera’ di commercializzare carne di cavallo per il consumo umano, perche’, guarda caso, i vincoli posti negli ultimi cinque anni avevano spinto i produttori a portare i capi per la macellazione in Messico e Canada.
Noi sapremo far tesoro degli errori e delle prese di coscienza altrui?!..
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