Scandalo condizioni di lavoro ad Amazon.
È un colosso nel mondo digitale, è uno tra i più grandi e funzionanti siti e-commerce con domini in vari paesi mondiali, ma per quanto riguarda la situazione del lavoratori pare di parlare di un’azienda di operai del Novecento.
Da qualche settimana, infatti, ci sono scontri sul fronte dei sindacati tra Amazon e la Germania. A quanto pare il sindacato tedesco Ver.Di, che si occupa del settore dei servizi, sostiene che la paga e la mansione dei lavoratori dello stabilimento di Bad Hersfield dove da sedici anni è locato Amazon; ma da parte sua il gigante statunitense non accenna a voler avere un incontro con i sindacati da cinque anni.
E non è la prima volta che le condizioni in cui lavora il personale di Amazon desta risonanza mediatica negativa: era il 2011 quando negli stessi Stati Uniti fecero scandalo alcuni episodi di svenimento o collasso degli impiegati, costretti a lavorare senza aria condizionata, a cui l’azienda rispose con l’impiego di due autoambulanze parcheggiate fuori per soccorrere coloro colti da malori, piuttosto che con l’accensione dell’aria. Nel 2013, il giornalista francese Jean-Baptiste Malet si infiltrò come lavoratore negli uffici francesi del colosso e raccontò la sua esperienza tragica nel libro dal titolo esegetico “En Amazonie”.
La contrapposizione tra il messaggio di Amazon come di un’azienda attenta al cliente, alla facilità di navigazione, di acquisto, insomma di un’azienda che ha un occhio di riguardo verso le più moderne filosofie di marketing, e invece la scarsa capacità di dare rilievo alla posizione dei lavoratori (si pensi agli ambienti aziendali di Google, ad esempio) e alla comunicazione con i sindacati è evidente. E non si sa mai che prima o poi questa mancanza si rivolterà come un boomerang verso lo stesso gigante, perchè se i lavoratori sono infelici e le azioni negative vengono trasmesse sui social, la comunicazione di massa è un’arma potentissima capace di piegare anche le aziende più importanti.