Nella scarsità di certezze che ci colorano la vita qualsivoglia tematica è di per se complessa. I più concordano nel dire che il metodo più facile di affrontare un tema, per quanto spinoso, sia quello di prenderlo in modo diretto. Mirare al centro, guardare negli occhi le questioni, è compito difficoltoso sia per l'arduo esercizio della verità, sia per i limiti mentali che abbiamo. Ognuno guarda sempre le cose da un proprio, personalissimo, punto di vista. Nessuno è perfettamente uguale e sincronizzato ad un altro, anche nei casi di grandi similitudini. Ecco, queste sono le difficoltà che il caso Datagate pone. La storia, di per se nota a molti, è la banale estrinsecazione di una insignificante storia di spionaggio. La storia. Il più forte dei poteri costituiti, gli Usa, attraverso la loro Intelligence, istituzionalizzata nell'agenzia Nsa, spia milioni di utenze in giro per il mondo. Gli scrupoli non esistono proprio, e di mezzo ci vanno capi di stato, leader politici, e se venisse confermato, anche autorità religiose. Storia semplice, che di per se, almeno ipoteticamente, tutti sottintendono alla loro esistenza quotidiana. La trama si complica quando Edward Snowden, tecnico di alto profilo dell'Nsa, decide di spifferare tutto alla stampa. Testa di ponte tra queste informazioni ed il mondo è il famosissimo giornale britannico The Guardian, ed in particolare il giornalista Glenn Greenwald. Il mondo adesso sa, quello che nei fatti ha sempre sospettato: gli Usa hanno un grande orecchio che ci spia, o per lo meno spia chi gli interessa. Si chiarisce anche che la regola è la medesima da decenni, quasi una prassi. Se fossimo nel “Padrino” di Fracis Ford Coppola ci sarebbe a questo punto chi, per spiegare la totale mancanza di moralità, direbbe la mitica frase:<< è solo una questione d'affari, niente di personale>>. Ed agli effetti è vero. E' sempre una questione d'affari, di soldi e di potere. Controllare tutti per assoggettare. Usare il grimaldello della paura, attualmente quella del terrorismo di matrice islamica, per ascoltare tutti, sapere le mosse finanche degli alleati. Ma questo non basta. L'analisi fatta così è semplicistica, non esaustiva. Bisogna rivolgersi al vero punto della questione, guardare in faccia il mostro. Questo stato di cose, ha mosso e spolverato quei vecchi termini che non si sentivamo dalla guerra fredda: spionaggio, segreti di stato, talpe, infiltrati. Gli stati sovrani, dalla Francia all'Italia, passando per la Germania hanno preso una forte posizione. Convocati gli ambasciatori e le personalità Usa in giro per il mondo, si è stati costretti a recitare la parte degli inconsapevoli, ovvero degli idioti che non possono pagare dazio. Il giochino purtroppo s'inceppa. Keith Alexander, capo dell'Nsa, dichiara:<<Sono gli ambasciatori che ci hanno chiesto di spiare i leader>>, facendo decadere la possibilità che gli venga attribuita una discrezionalità superiore alla sua. Obama, direttamente, o per mezzo del suo staff doveva sapere. Obama era certamente cosciente. Lo stesso segretario di Stato americano, Kerry, con un certo imbarazzo, di fronte al mondo è costretto a dichiarare:<< Ci siamo spinti troppo in là>>. Gli Usa hanno superato la normalità, hanno nel solo territorio francese intercettato più di 46 milioni di chiamate, un numero spaventoso. La storia ci porta quindi i buoni ed i cattivi, chi rispetta la prassi e le regole, seppure senza scrupoli, e chi addirittura sente il bisogno di andare oltre. Gli americani seguono il vecchio e cinico assioma del leggendario capo dell'Fbi J. Edgar Hoover:<< L'informazione è potere>>. Basterebbe quanto fin qui raccontato per scorgere un quadro a tinte fosche.
Purtroppo c'è dell'altro. Snowden, la talpa, nel frattempo rifugiatosi in Russia, ha scoperchiato sostanzialmente un enorme vaso di pandora. Anche la “sua” Russia, avrebbe superato i limiti dello spionaggio, fornendo in occasione del G20 gadget spia, in grado di inviare informazioni riservate ai servizi segreti di Putin. La Russia, in buona sostanza, avrebbe agito come o peggio degli Usa. Ma siamo sicuri che questo sia tutto? In realtà no. Ancora possiamo e dobbiamo aggiungere che pure in Europa una rete di spionaggio fitta e temibile avrebbe superato i limiti, ovvero quella britannica, che in taluni casi avrebbe addirittura collaborato con quella Statunitense. Aggiungiamo poi l'esistenza di una collaborazione, quanto meno sopra le righe tra Francia, Spagna, Germania e Svezia, con obiettivi ancora da chiarire, ma anche qui torbidi a prima vista. Potremmo quindi cominciare a smentire quanto precedentemente affermato: non esistono i buoni ed i cattivi, c'è solo chi si è fatto scoprire per prima. In fin dei conti, calcolando tutto, perfino gli americani sembrano meno colpevoli. Un mondo che si spia, dove la parola alleato serve solo davanti ad un microfono. Certo, senza dubbio, la peggiore delle posizioni è quella di Obama, non credo però che nessuno per ora se la passi molto bene. Andiamo avanti man mano acquistando la certezza che tutto quello che succede è effetto di una sorte di Grande Fratello, dove però il regista non resta esterno, anzi agisce e guida i protagonisti, a loro insaputa, parafrasando il concetto del presidente Imposimato, il quale si riferiva con queste parole agli <<Anni di piombo>>.
La realtà è un deficit di democrazia Dobbiamo compiere un ultimo passo logico ed arrivare <<veramente nella realtà>>. Ognuno, dicevo precedentemente, guarda il mondo con un occhio personalissimo. Io non posso fare altro che vedere in tutta questa storia, o tutte queste storie nel loro complesso, un comune denominatore: un deficit imbarazzante ed enorme di democrazia. Comunque la si veda, comunque la si consideri, pure se cominciate l'assurdo giochino di chi ha ragione e chi ha torto, bisogna dire chi ha preso queste decisioni. Se fosse confermato che i capi di Stato, le amministrazioni di vertice, i rappresentanti più autorevoli degli Stati sovrani hanno agito per limitare l'esercizio corretto della democrazia negli altri paesi, ci sarebbe il dramma più grande. Spiare i segreti dei capi di stato, le loro vite private, od al contrario subire queste invasioni a gamba tesa è angosciante. Uno stato deve essere padrone delle proprie scelte, della propria strada. Ma deficit di democrazia significa poco, specialmente in Italia, la cui debolezza politica ed economica la pone tra le vittime incoscienti di tutto questo.
Ci siamo abituati a misteri che rimangono tali, a presidenti i cui assassini rimangono senza mandanti od a governi messi in minoranza da assisi non elettoralmente scelte. Ivano Asaro
Ivano Asaro