Scarpetta sì o scarpetta no

Da Alessandratioli

Un termine tutto italiano, intraducibile, per una semplice e golosa abitudine, quella di raccogliere il sugo rimasto nel piatto con un pezzetto di pane. Una consuetudine antica, senza data, con un nome che si rifà a tradizioni popolari perdute nel tempo.
Se l'etichetta dello stare a tavola, la vieta con certezza assoluta,  ecco che consente l’uso di un pezzetto di pane per aiutarsi nell'avvicinare il cibo alla forchetta. Ma il costume, le abitudini sociali, la cultura alimentare sono in continua trasformazione, seguono cioè un’evoluzione talvolta lenta, talvolta molto repentina. Vi sono puntelli culturali che, come monoliti, non sempre sono facili da smantellare e, in questi casi, occorre più tempo per levigarli, modellarli e, se non bastasse, spazzarli via. In genere la funzionalità paga perché è semplice. Ma ecco che questo gesto familiare da sempre associato ad un comportamento rozzo e poco elegante è sdoganato anche al ristorante grazie alle voci di chef autorevoli, che lo apprezzano a tal punto da renderlo protagonista dei loro piatti. Gualtiero Marchesi, Gianfranco Vissani lo vedono come un palese apprezzamento alla loro cucina, mentre lo chef Massimo Bottura della Francescana di Modena, l'ha resa protagonista, creando un piatto che serve senza posate: ‘Terra e Mare’ prevede, su un piatto oblungo, da una parte delle lumachine di mare con salsa di pesce, dall'altra un panino mignon con farina di sedano rapa e topinambur. Obbligatorio prendere il pane e con questo seguire la scia di zuppetta di pesce che porta alle lumachine, per mangiarle. E cosa dire del piatto, allegorico per eccellenza, 'Scarpetta di Brodetto' del grande Mauro Uliassi, solo un piatto, il pane e il fondo di un magnifico brodetto. 
 
E poi se cerchiamo altre giustificazioni ecco che, in epoca di cucina compatibile, di recupero degli avanzi, di risparmio energetico, di compostaggio dell’umido, la scarpetta va fatta non solo perché il sugo rimasto nel piatto non si sprechi, ma anche perché non si utilizzi una quantità superiore di sapone per lavare il piatto, perché non si debba utilizzare più acqua per sciacquarlo, e perché l’acqua che si scarica sia meno inquinante.
Per tutti noi italiani è quasi impossibile non farla, così che, navigando tra lo snob ed il trendy, non c’è occasione in cui rinunceremmo alla scivolata di pane sul piatto. La mia preferita, quella che da sempre mi ha dato la maggior soddisfazione è, quando, al ritorno da scuola, con la fame lupigna che solo i ragazzi  hanno, mia nonna, nell’attesa che il pranzo fosse pronto, mi versava nel piatto una cucchiaiata del ragù che aveva cucinato per tutta la mattina. Lo raccoglievo con piccoli pezzi di pane comune, ripensarci ancor ora mi emoziona.
E non credo di essere l'unica a pensare che la scarpetta sia la naturale conseguenza del ragù, un’appendice imprescindibile visto che a Napoli, terra d’eccellenza per il ragù, qualcuno ha pensato di trasformare la scarpetta in una pausa golosa. Manuela Mirabile, è la titolare di un locale del centro antico di Napoli dove ai suoi clienti propone la classica scarpetta col ragù, naturalmente da mangiare al volo, al prezzo di 1 euro al minuto.

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