Il cambio al potere in Venezuela ha un’importanza geopolitica pari a quella del collasso del regime di Muammar Gheddafi in Libia. Il processo di transizione del potere potrebbe potenzialmente interessare anche la stabilità di diversi paesi nella regione: Ecuador, Nicaragua, Cuba, Bolivia.
Il panorama economico
La morte di Hugo Chavez non avrà un’influenza significativa sul mercato mondiale del petrolio in un’ottica di breve termine. L’effetto maggiore sarà associato al fattore speculativo dovuto alle quantità di riserve di petrolio dimostrate. Il principale elemento motore sul mercato del petrolio sono le riserve potenziali del paese, piuttosto che reali rischi attuali per l’esportazione e la produzione. In particolare, il Venezuela ha perso la sua capacità di influenzare i mercati mondiali del petrolio perché anni di investimenti insufficienti hanno frenato la produzione.
Durante il governo di Chavez l’economia venezuelana è stata incapace di completare la diversificazione, ossia di distaccarsi da un importante 95% di dipendenza dalle esportazioni di petrolio. Il paese spende circa 30-40 miliardi di dollari per coprire i costi di importazione, ed è chiaro che il periodo di transizione del potere non ridurrà il passivo della bilancia commerciale. Tuttavia, nonostante i prezzi relativamente alti del petrolio, il volume delle entrate è molto inferiore allle uscite dello Stato; perciò Caracas, nel febbraio del 2013, è stata costretta a svalutare la sua moneta del 32%. La quinta volta in un decennio. Ma a causa del sistema di controllo dei prezzi imposto dallo Stato, questo passo non avrà effetti sulla popolazione, nonostante le importazioni più costose nel paese.
Tenere le elezioni da parte del successore di Chavez, Nicolas Maduro, richiede sostanziali immissioni nel settore economico e sociale, che dipendono dal mantenimento dei volumi di esportazione. Nel contempo però cambiamenti significativi nel settore petrolifero, come il ritorno degli investitori stranieri nell’industria venezuelana del petrolio, implicherebbero l’abbassamento dei prezzi del petrolio, il che per Caracas non è a breve termine una priorità.
Tuttavia non possiamo escludere che il processo di transizione del potere in Venezuela possa portare alla concretizzazione di uno scenario radicale che includa la destabilizzazione della situazione nello Stato, rivolte sociali, un colpo di stato con completo cambiamento delle élites interne. Se questo scenario interesserà la stabilità dell’industria petrolifera, allora assisteremo a un aumento del prezzo sul mercato del petrolio, sebbene non di lunga durata.
La morte di Chavez è un’occasione per gli Stati Uniti di accrescere la loro posizione in America Meridionale e Latina. Allo stesso tempo ci sono rischi significativi per Pechino, che ha lavorato attivamente con il governo di Chavez alla fornitura di petrolio in cambio di prestiti adeguati a tassi bassi. Ciò vuol dire che il cambio di governo sarà accompagnato da una seria interferenza esterna che creerà ulteriori rischi per la stabilità del Venezuela. Rischi simili riguardano la Russia, che ha importanti contratti per l’upstream del petrolio, la produzione dell’oro e la fornitura di armi alle forze armate venezuelane.
Nel medio termine, in caso di elezioni pacifiche nel paese, non avranno luogo cambiamenti rilevanti nell’industria del petrolio in Venezuela. È chiaro che la nuova dirigenza non avrà il carisma di Chavez, e questo significa che la continuazione di politiche radicali è improbabile. Essa sceglierà presumibilmente la stessa strada di sviluppo economico di Cuba dopo l’insediamento di Raul Castro. Ci aspettiamo quindi che il candidato del PSUV andrà alle elezioni presidenziali con un pacchetto di riforme che si concentrerà su:
- riduzione dell’inflazione cresciuta fino al 30%
- politiche sociali più moderate, meno costose e più efficaci
- accesso ad altri mercati creditizi oltre la Cina
- mitigazione della politica estera per l’aumento dei partner commerciali
- sollecitazione dello sviluppo del mercato interno
Ma ciò non costituirà l’apertura del mercato venezuelano. Inoltre, se Maduro vincerà dovrà mantenere volumi di spesa tali (mentre il deficit fiscale si avvicina al 20%) da salvare diversi posti di lavoro nel settore pubblico e i sussidi petroliferi per i venezuelani. Altrimenti lo Stato fronteggerà delle rivolte sociali e Maduro darà l’impressione di essersi allontanato dalla filosofia di Chavez.
Il panorama politico
Per quanto le elezioni si terranno in un mese, escludiamo la possibilità che arrivi al potere il candidato dell’opposizione senza una grave instabilità sociale. Alle elezioni presidenziali venezuelane tenutesi il 7 ottobre 2012, Hugo Chavez ha ottenuto il 55,07% del voto popolare, in vantaggio rispetto al 44,3% del suo maggiore avversario, Henrique Capriles. Il sunto più importante delle elezioni è stato la vittoria di Chavez per soli undici punti, nonostante la grande vittoria schiacciante del 2006.
Maduro si è costruito un forte profilo pubblico copiando le tecniche di Chavez nell’uso dei mass media e della politica socialmente orientata. Prima della morte del presidente, il sondaggista locale Hinterlaces dava a Maduro il 50% dei voti potenziali, rispetto al 36% del leader dell’opposizione Henrique Capriles. Questa percentuale potrebbe aumentare per la commozione suscitata tra milioni di appassionati sostenitori di Chavez in Venezuela. Tale dato può anche essere supportato dalle paure e dalle preoccupazioni della popolazione, spaventata da possibili cambiamenti per il peggio e che dunque eleggerà la stabilità a propria priorità elettorale. Ma il fattore opposto sarà l’assenza del carisma del candidato al governo, che gioca contro la sua percentuale.
Un altro elemento importante è il risultato delle elezioni regionali del dicembre 2012. Esse hanno mostrato che il carisma di Chavez poteva trasferirsi ad altri politici nella sua coalizione, perlomeno nel breve termine. Pensiamo quindi che lo stesso passaggio di carisma potrebbe consegnare la presidenza a Nicòlas Maduro, e in caso di una campagna efficace Maduro potrà vincere le elezioni, ma con un vantaggio modesto. In base all’inflazione e all’analisi dei dati relativi alla disoccupazione, crediamo che non ci siano ragioni economiche per significativi cambiamenti negativi di percentuale, rispetto all’ottobre scorso, in margini di oltre il 5-7% per il candidato del partito al governo.
Alle elezioni regionali, il PSUV non ha perso un solo Stato di quelli che già deteneva, mentre ne ha vinti quattro all’opposizione. Si tratta di Nueva Esparta, Carabobo, Tachira e Zulia, importanti Stati al confine con la Colombia, considerati roccaforti dell’opposizione. Il partito al governo ha quindi ottenuto significative risorse amministrative per le future elezioni.
Crediamo che ci sia un’alta probabilità di uno scenario radicale. Se Maduro vince, il paese potrebbe incappare in sommosse civili. Esse possono portare alla destabilizzazione della situazione nella nazione. Ci aspettiamo che alcune delle province che sono state conquistate nel dicembre 2012 dai rappresentanti delle forze di opposizione potrebbero sottrarsi al controllo del governo. Tentativi di riconquistare il comando su di esse possono dare origine a gravi scontri. Questa previsione è basata sul fatto che nei risultati delle elezioni di dicembre c’era poco divario tra il candidato del partito al governo e l’opposizione. Se a questo aggiungiamo l’11% di differenza nei risultati delle elezioni presidenziali del 2012, allora otterremo la probabilità di un distacco troppo esiguo nel voto del 2013. Credibili speculazioni su brogli elettorali da parte delle autorità potrebbero essere la miccia dello scenario radicale in Venezuela.
Il panorama geopolitico
Crediamo che se vincerà il candidato governativo, il Venezuela continuerà la sua politica di leadership nella regione. Allo stesso tempo è evidente che la sua influenza calerà nettamente in assenza di un leader assoluto del paese. Ciò può far sì che alcuni Stati che sono nell’orbita di Caracas ne escano gradualmente. I rischi più grandi secondo le nostre stime sono per i regimi in Nicaragua, Bolivia, a Cuba e anche per la stessa alleanza ALBA. Questi rischi sono associati all’attesa riduzione dell’assistenza finanziaria a tali paesi, dovuta alla ricostruzione dell’economia venezuelana secondo gli interessi delle élites che mutano. Perciò il rinnovamento politico in Venezuela rafforzerà automaticamente la posizione dell’asse Brasile-Argentina quali leaders del MERCOSUR.
Indipendentemente dai risultati delle elezioni, i paesi che non mostravano grande conflittualità col governo di Chavez, come ad esempio l’Italia, potrebbero aspettarsi un rafforzamento della presenza sul mercato venezuelano nell’arco di 1,5/2,5 anni.
(Traduzione dall’inglese di Giulia Renna)