di Pasquale Allegro
Immagini ovunque, dappertutto. A volte non rimane traccia di quello che vediamo, perché ci manca lo sguardo sulle cose, sul mondo. E ci sono fotografie di attimi, di momenti, anche crudi e dolorosi, che con artificiosità umana abbiamo costruito e collezionato per dimenticare un messaggio. E così abbiamo intentato un processo di cauta rimozione, per impedire che quelle visioni ci inducessero a fare qualcosa, a reagire all’evidenza di quegli scatti passati. Solo a volte guardiamo veramente - come solo i poeti sanno fare - con occhi che afferrano qualcosa di indefinito, che poi diventerà un’esperienza autentica, vera fino all’inverosimile, intima e personale. Si tratta di ricercare la bellezza e il dolore, la bellezza dentro il dolore, come se si parlasse di lacrime alla stregua di un passaggio di rugiada, di spine e di petali di rosa a fioccare di vita. “Alzare lo sguardo / e pensare / che in questo istante / stiamo guardando lo stesso cielo”: leggete questi versi, e chiedete a colei che li ha composti di poterle stare accanto mentre mette su questa scenografia dell’anima. Lei si chiama Mirella Madeo, avvocato con il piglio appassionato dell’emozione in versi, già nota ai lettori de Il Lametino per aver curato all’interno del giornale una rubrica di poesie. Dopo aver attraversato in lungo e in largo i premi letterari calabresi, raccoglie ora le sue delicate espressioni in una raccolta dal titolo evocativo: “Sguardi”.In effetti, scorrendo queste preziose righe ci s’imbatte in visioni personali, in ritratti particolari catturati dall’occhio vitreo di una spiccata sensibilità, come quelli invocati nella poesia Incolore, laddove la Madeo illustra: “Una città in bianco e nero, / istantanea / di ciò che non è più colore.” Sono scene, piccole e toccanti rappresentazioni di strappi alla realtà, squarci quotidiani di vita non vissuta, secondo il potere della proiezione fantastica che riposa nelle grazie dello stato dell’arte, al punto che l’autrice non ti dà a intendere a quali occhi ricondurre la cattura di quelle immagini. In Terra lontana, ad esempio, si assiste alla proiezione della penosa esistenza di una madre senzatetto e della sua bimba o, forse, la Madeo ha voluto giocare di metafora? Che importa,tanto il suo obiettivo estetico – il motivo dello scrivere -credo sia quello di sconvolgere, appuntando alcune sensazioni che ci riportino a rivivere empaticamente determinate situazioni. Come nella poesia Carità, quando dopo aver generosamente riposto nelle mani di una donna bisognosa i pochi spiccioli a sua disposizione, l’autrice così conclude: “mi carezza dolcemente il capo, / accompagnandomi con lo sguardo / in un sorriso che prima non c’era.”; o ancora come in Alito di vita, in cui vibrano versi che sanno di reportage nudo e crudo, ma di una tale bellezza poetica da risultare impresentabile su una semplice pagina di cronaca: “Un tonfo / ti ha inghiottito”, viene descritta così, immagino, la scena madre di un incidente d’auto, momento in cui alla vittima preda del dramma la penna sensibile della Madeo conferisce “occhi chiusi alla vita, / ancor pieni di Luce”; e poi, sempre nel solco di questo filone realisticamente visionario, come non ricordare la poesia in vernacolo Immagini, vincitrice del Premio Maida, lirica che recupera i tratti antichi di una Calabria saggia, affranta e bucolica come fosse una di quelle cartoline lasciate infilate nelle ante di una vetrinetta dipinta a fiori di unaHai fatto +1 pubblicamente su questo elemento. Annulla credenzadi legno tarlato... Tra il vetro e il legno, come si usava un tempo. Se a questo punto vi pare che io vi stia parlando di neorealismo poetico, allora non datemi ascolto, perché non voglio cedere al citazionismo facile, non questa volta almeno, non stavolta che desidero voi consideriate un’autrice di poesie come Mirella Madeo alla stregua di una pittrice di percezioni, tutta intenta a somministrare colore ai propri ricordi, per comporre “in un crudele gioco di / luci ed ombre” le proprie tele come fossero contemplazioni di senso e di significato. E così le sue riflessioni si fanno dipinto, ottengono di spiegare e definire gli elementi di un’esistenza comune a tutti, perché i ricordi riguardano ognuno di noi, così come il silenzio e la felicità. Il ricordo come batuffolo fumoso, nube “di un passato / che un dì / diverrà eternità”; il silenzio come strumento per far rivivere quel passato in un’oasi di suoni, “così intenso da riempire un vuoto, / così profondo da avere mille parole, / le stesse che vorremmo riuscire ancora a sentire”. E infine, ci riguarda anche il tentativo di vivere la felicità se non a piccoli schizzi, esili spruzzi di un tratto veloce, repentino come un’apparizione, filo tenue di un delicato “equilibrio”, di “un istante fugace”, di istanti di“luce riflessa”. Se pertanto si leggessero gli “Sguardi” di Mirella Madeo come fossero avvistamenti rivelatori, allora non potremmo non concedere ai suoi occhi l’incombenza di un incarico importante, quello di rendere riconoscibile ai sensi un panorama di emozioni in cui si disperdono, a briglia sciolta, “sorrisi,/ parole, / sguardi, / silenzi pieni di tutto / privi di voce”. Privi di voce, scrive l’autrice, e a questa indebita confessione noi non attribuiamo alcuna importanza, perché nei versi di questa raccolta cogliamo comunque sussurri e sospiri. E finanche le urla, strazianti, rivolte forse a “chi è andato via, / inghiottito dalle nuvole, / oltre l’universo”.
da "Il Lametino" n.174 Giugno 2012autore: MirellaMadeotitolo: Sguardieditore: Kimerikcategoria: poesieanno 2012, pagine 90 prezzo: € 12,00