di: F.Schoendoerffer.
con: C.Berling, A.Dussolier, L.Schoendoerffer, P.Mottet, E.Navarre, E.Darlan.
Drammatico - FRA 2000 - 100 min
Il percorso di avvicinamento al Cinema di Frederic Schoendoerffer e' stato graduale, eppure "inevitabile".
Il primo dato che colpisce di "Scenes de crimes" e' la puntigliosità esercitata sulla messinscena: le attività investigative svolte dai due "flic" protagonisti Fabian/Berling e Gomez/Dussolier assimilano, infatti, in un insolito e perlopiu' riuscito connubio, la "detection" precisa, tecnica, densa di dettagli (anche aspri) della migliore tradizione americana e il substrato psicologico tipicamente europeo, caratterizzato in questo squarcio di contemporaneità e come vuole il più attuale racconto poliziesco, dallo slittamento progressivo del classico "mal de vivre" verso vere e proprie forme di disperazione introflessa, sovente con risvolti aggressivi e/o autodistruttivi (sono uomini questi che, tra l'altro, usano poco le pistole "in azione". Più facile, appunto, che siano tentati di rivolgerle contro se stessi). La ricognizione di Schoendoerffer nel genere tra i più amati d'oltralpe, dal passo a volte quasi documentaristico, si apre sulla misteriosa scomparsa di una ragazza nei dintorni agresti di Parigi, alla quale fanno seguito ritrovamenti di cadaveri mutilati che pian piano persuadono la Brigata Criminale che si occupa del caso ad indirizzarsi sul sentiero assai scivoloso dell'omicida seriale. Le indagini - difficili e dalle epifanie sempre più efferate - vanno ad innestarsi con altrettanta inesorabilità e traumaticamente sul vissuto privato dei poliziotti titolari dell'inchiesta, facendo emergere e confliggere tra loro problemi non risolti, contraddizioni mai affrontate a viso aperto, oscurità del carattere solo a malapena tenute a bada dall'impellenza del dovere e dalla cronica mancanza di tempo per se' e per gli affetti. Gomez (da sottolineare la prova di Dussolier, come tirato fuori di forza dal suo impeccabile aplomb borghese), travolto da disastri familiari e dall'alcool, non ce la farà; Fabian - tra una menzogna a se stesso e l'altra; un maniacale "barricarsi" dentro la vicenda e l'ennesima prostituta occasionale - andrà a modo suo fino in fondo, verso l'origine del Male.
Schoendoerffer segue da subito e molto da presso l'ingegnarsi dei due poliziotti, li scruta passo passo nel loro avanzare tra le evidenze degli atti di una psicologia malvagia,
Proprio l'ultimo terzo del film - nonostante il suo indubbio fascino visivo - e' quello che più stride con l'insieme dell'opera e il suo equilibrio interno, ottenuto in virtù di uno svolgimento magari un tanto meccanico ma senza una sbavatura. E ciò non tanto per lo scarto ancor più "esistenziale", quasi metafisico, impresso alla storia; bensì, più prosaicamente, per il fatto di essere introdotto per il tramite di alcune forzature narrative e di minime ma chiare incongruenze. Come che sia, al netto dei limiti che zavorrano quasi ogni opera prima, i meriti del lavoro di Shoendoerffer superano di alcune incollature le pecche e gli riservano un posto tutto suo al sole ai tempi appena sorto del "neo polar".
TFK