Qui Schegge sul sacro(I)
Che non ci sia niente di peggiore del mondo non si deve dimostrare. (M. Sgalambro)
Che cos’è il sacro? Potrebbe essere coesistenza di bene e male? Si domanda Gustav Meyrink nel romanzo “Il domenicano bianco”: “Forse che, come suprema verità e suprema paradosso, Satana e Dio, il Distruttore ed il Costruttore sono una sola e medesima cosa?”
La tradizione vedica esprime un concetto simile, quando evoca gli dei Shiva e Visnù. Shiva, come signore del tempo, presiede all'incessante movimento di creazione-annientamento-rigenerazione, il cui ritmo è scandito dalla sua danza cosmica. Visnù è il dio della conservazione, benevolo e misericordioso.
Per lo più incompreso, Schelling, scavando per cercare le radici del male, si dovette arrendere: il buio splende nell’Assoluto, non meno della Luce.
Coomaraswamy crede che Dio sia una vittima volontaria. Egli paradossalmente si è dispiegato nell’ignoranza e nella divisione. Le nostre tenebre sono le sue tenebre. Il bacio di Dio è bacio d’amore e morte.
Forse per queste ragioni al cospetto del sacro i popoli antichi – penso in particolar modo agli Etruschi - avvertivano un brivido di orrore religioso.
Oggi la fede è confinata nei santini, nelle preghiere bofonchiate dalle beghine, orazioni devote ma purtroppo inutili. La vera esperienza del sacro è molto diversa: accecante e distruttiva. Essa si ritorce contro chi la brama. Il sacro ha due volti, è bifronte.
Quale sguardo può sostenere lo sguardo del volto nero?
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