La nuovaprofessione di successo dell’Italia che affonda. Frati è infatti il rettore scaduto e impunito di un’università dove i suoi carissimi parenti hanno trovato quel riconoscimento di competenze che il professore di criminologia Vincenzo Mastronardi ha, per quindici interminabili minuti, concesso a Schettino il 5 luglio scorso. ”Commenterà il Comandante Francesco Schettino” stava scritto sul programma dell’evento scientifico.
Dunque ci sono voluti trenta giorni e lo scoop del quotidiano La Nazione perché la Sapienza si accorgesse di quella grottesca lezione tenuta «come iniziativa collaterale nell’ambito di un master» della cattedra di Criminologia forense nei locali del Circolo dell’Aviazione. E sto dicendo che l’università si distrugge in tante maniere e che dunque Schettino in cattedra è solo il gran finale di quel clientelismo e familismo — i peggiori d’Italia — raccontati magistralmente dai colleghi di Report, la bella trasmissione di inchiesta di Milena Gabanelli. Come potrebbe infatti una università sana, che forgia i valori morali e le competenze materiali, invitare a parlare «davanti ad un centinaio di studenti ed esperti» l’uomo che, insieme a 32 vite, ha provocato la fine dell’etica del comando e della tradizione marinara italiana? Non è stato insomma l’incidente di un professore goffo e superficiale. È inve-ce l’ultimo grano di un rosario di collassi. Certo, il minimo che si possa dire del criminologo che lo ha invitato è che non si rende conto di che cos’è un crimine. La sua pubblicazione più importante si intitola: “I serial killer. Il volto segreto degli assassini seriali. Chi sono e cosa pensano, come e perché uccidono. La riabilitazione è possibile?”. Ammettiamo pure che il professore volesse rivelare il lato oscuro anche di Schettino e magari redimerlo, ma certo quel titolo, forse facendo torto al contenuto del libro che non abbiamo purtroppo letto, sembra lo strillo di una delle tante trasmissioni choc del pomeriggio tv, una di quelle che inviterebbero la Franzoni a parlare in un asilo infantile, o il norvergese Breivik a spiegare come ci si comporta in un luogo affollato. Adesso, seppellito dall’indignazione, il criminologo minaccia querele e dice che è stato costretto ad accogliere Schettino a e farlo sproloquiare dagli avvocati che gli hanno imposto «la par condicio », che in politica è stata un’astruseria forse necessaria, ma nella Scienza è solo un ridicolo espediente. Non risulta infatti che perspiegare il sistema copernicano la par condicio imponga ai professori di far gestire un master a Tolomeo.
La verità è che dietro la lezione di Schettino c’è il rumore senza sostanza dell’università italiana, il vuoto di sapere, il fumo senza arrosto, la spettacolarità al posto del rigore, l’audience salottiera e l’intrattenimento invece della sperimentazione responsabile, del protocollo scientifico, dei controlli di qualità. Ed è ovvio che dinanzi all’indecenza di questa docenza gli studenti non vadano alle lezioni, se non per vedere da vicino il mostro, la cialtroneria criminale, lo Schettino.
Ecco come siamo ridotti: l’università da cui fu cacciato il galantuomo Luciano Lama oggi insedia e ossequia il cialtrone Schettino. Roba che ci fa rimpiangere il 68, gli autonomi, la pantera... e persino le chiamate in cattedra, che pure tanto criticammo, degli ex terroristi Curcio e Franceschini, criminalisì ma almeno drammatici testimoni di un’epoca italiana che è stata tragica ma ad alta tensione sociale e ideale. E val la pena ricordare, a pendant , la recente lezione magistrale di Briatore alla Bocconi, e non sui sistemi per evadere il fisco o frodare lo sport ma sulla sua scienza di imprenditore millionaire . Certo, grazie al cielo, la Bocconi di Monti e Draghi non è la Sapienza di Frati e Mastronardi, ma il metodo è purtroppo lo stesso, anche se la scienza surrogata dello stregone Briatore fa sorridere rispetto a quella del naufragoforo.
E c’è infine la faccia di Schettino che è un capolavoro di autocompiacimento criminale. Ebbene, Schettino non ha lavorato da solo nella trasformazione di un eccidio in gloria. Gira il nostro povero Paese non con l’atteggiamento dell’impunito ma dell’eroe e si crede la statua della libertà perché davvero è più popolare e più ricercato di Ibrahimovic. Diciamo la verità: è l’orribile Italia degli ammiratori e degli incuriositi che gli permette di spacciare la strage per un merito. Per troppi italiani, prima ancora che per lui, ogni morto annegato al Giglio è come una tappa del tour de France vinta da Nibali, per loro non c’è alcuna differenza tra Schettino e i divi della televisione. Ecco perché ha potuto tenere una lezione universitaria come se fosse lo scopritore della penicillina.
E questo successo dell’impunito Schettino fa impallidire anche quello del punito (e recluso) Fabrizio Corona, del quale ora si chiede generosamente la grazia. Corona aveva almeno la faccia maiuscola della provocazione e non quella del pio e allegro bove carducciano che diventa sempre più rubizza e soddisfatta ad ogni selfie che concede, ad ogni ballo, ad ogni festeggiamento sino alla lezione impartita all’incredibile Sapienza. Proponiamo uno scambio: teniamoci Schettino all’Università e “mandiamo a bordo, cazzo” il professore e il suo rettore, verso Genova, dove rottamano le vergogne italiane.