L’astensione forzata dal TRENTO, si sta rivelando una straordinaria occasione per aprirsi al mondo. E agli altri metodo classico italiani. E, soprattutto, si sta rivelando molto meno faticosa del previsto. Insomma, anche senza TRENTO si può vivere alla grande. Ieri sera ho partecipato alla degustazione “Spumanti Diversi”, organizzata alla libreria caffè “Il Papiro” di via Galilei a Trento. L’assaggio era guidato dal patron di Proposta Vini, Giampaolo Girardi. Devo dire, sinceramente, di aver incontrato una bella situazione. Un bel clima, informale ma attento e curioso. Non c’erano giovani. E questo forse è un tema su cui riflettere seriamente. Nel panel di assaggio sei bolle “diverse” e un intermezzo con un Trento altrettanto diverso: 823 Maso Michei – Albino Armani. Diverso anche lui, al pari degli altri: è prodotto da uve Pinot Nero di montagna, coltivate fra gli 823 e i 900 metri. Forse, ma sono pronto a smentite, il Pinot Nero destinato alla rifermentazione in bottiglia, più alto d’Italia. Ma ne abbiamo già parlato a suo tempo. E ne hanno già parlato molto anche altri e più titolati di noi. E poi è un Trento, quindi, visto lo sciopero ad oltranza in corso da giorni, ieri sera non lo ho nemmeno sfiorato. Torniamo, invece, alle sei bolle in degustazione. Che comprendevano una vecchia ed eroica conoscenza, il valdostano Blanc de Morgex – Brut Extreme (Cave du Vin Blanc) da uve Prié Blanc: niente da dire, un campione estremo e alle spalle una storia estrema ai piedi del Monte Bianco. Un Prosecco Col Fondo Ombra Belle (Vallis Marenis) : insomma-insomma, un prosecco con tante ambizioni ma senza la freschezza che ci si aspetta dal Prosecco. Poi l’esperienza con due trentini (non Trento), prodotti con uve autoctonicissime. Il Cimbrus (Metodo Classico di Alfio Nicolodi da uve Lagarino Bianco): ancora insomma-insomma, troppa acidità a volte nuoce all’armonia. Un altro trentino, lo Charmat di Francesco Poli Massenza Belle Frizzante da uve Peverella e Nosiola: poco convincente, leggermente aromatico ma privo di complessità. Insomma, a parte l’aostano, fin qui, dico davvero, ieri sera ho rimpianto il Trento. Un rimpianto che però subito dopo è sfumato via senza lasciare ricordi a tal punto da farmi esclamare: senza TRENTO si può stare. Questo è accaduto quando all’assaggio sono arrivati due metodo classico meridionali. Sì, avete capito bene: meridionalissimi. Uno siciliano e l’altro pugliese. Io e l’amico con cui stavo, lui sì un professionista serio del vino, ci siamo guardati in faccia e senza dire una sola parola ci siamo intesi all’istante: “Qui siamo su un altro pianeta: a livelli alti, davvero alti, di metodo classico. Niente, ma proprio niente da invidiare, ai nostri TRENTO”. Il siciliano etneo si chiama Nerello Mascalese Brut, da uve Nerello Mascalese appunto, prodotto da Murgo ai piedi dell’Etna: vicinissimo alla perfezione del Metodo Classico. Il Pugliese, il mio preferito, invece si chiama Bombino Bianco Brut Riserva Nobile (d’Arapri a San Severo) , da uve Bombino Bianco. Qui la vetta: se fosse stato possibile acquistarlo, ieri sera, ne avrei comperata subito almeno una cassa. Questi due metodo classico, sono stati, per me, una sorpresa davvero sorprendente. Che mi ha fatto pensare che lo sciopero dal TRENTO, quando si hanno a disposizione bottiglie come queste, potrebbe continuare ancora per una vita. Al più presto, posterò anche qualche nota d’assaggio più dettagliata nell’apposita sezione.
——————————————–