Venuta a mancare l’idea di progresso o di evoluzione storica questa ermeneutica temporale da cartone animato è l’unica plausibile. Un effetto secondario, ma perverso è che qualunque cavolata, purché appunto si presenti come cavolata nuova, è benvenuta come sintomo di rinnovamento. E’ l’ accoglienza data alla sublime trovata di Poletti il quale dice che le vacanze scolastiche sono troppo lunghe e che gli studenti se ne vanno “a spasso per le strade della città” invece di fare formazione scaricando cassette ai mercati. Cazzata stratosferica e perciò stesso immediatamente ripresa dai media mainstream che si sono affrettati a sottolineare che le vacanze in Italia sono più lunghe che altrove e che la “formazione” è necessaria, nei lavori stagionali naturalmente. Così quella che doveva essere una società del sapere, si trasforma in una società di futuri facchini, dove i giovani sono allenati allo schiavismo morbido invece che all’approfondimento di ciò che studiano.
Naturalmente il fatto che le vacanze scolastiche in Italia siano più lunghe che altrove è una cavolata, detta tra l’altro a cuor leggero visto che sono ben altre le menzogne che vengono propinate: semplicemente non tengono conto che dappertutto ai due mesi o al mese e mezzo in estate , sono da aggiungere oltre alle vacanze di Natale, anche quelle autunnali , invernali e primaverili. Basta il fare il conto per vedere che alla fine i giorni di scuola in Italia sono parecchi di più che negli Usa, in Francia o in Gran Bretagna. A volte superiori di un terzo .
Quanto al resto… ai miei tempi per raggranellare qualche soldino ho fatto due campagne estive negli zuccherifici Eridania e per tre anni sono andato a distribuire elenchi telefonici, senza che questo abbia avuto alcuna parte nella mia formazione, se non quella di rendermi chiarissimo lo sfruttamento sul lavoro. Se lo avesse fatto anche il ministro Poletti, politico da subito ad onta di un diploma di perito agrario e relativo grondante retorica popolar – contadina lontanissima dalla realtà, forse avrebbe evitato di essere al dicastero del lavoro per umiliare il lavoro e renderlo precario come una campagna estiva, come i lavoretti da studenti. Qualcuno ha fatto notare che l’uscita dell’ex cooperatore aziendalista infrange il mito della modernità, per fare un tuffo nel piccolo mondo antico dove l’esperienza del lavoro giungeva molto prima, la scuola dell’obbligo era una bestemmia e il lavoro minorile la normalità.
In realtà però non è così, Poletti non dice e non fa nulla di diverso rispetto alle stelle polari dell’esecutivo Renzi e della governance europea con i suoi diktat: presenta come nuovi e moderni i topoi sociali di un secolo addietro, cancellando di un balzo tutte le conquiste fatte, ma anche il senso che si era affermato come quello tipico delle società occidentali, ossia di essere destinate più che a un lavoro manuale e/o ripetitivo a uno di sempre maggior contenuto di sapere. Il “compagno” Poletti invece con quella sua faccia talmente da schiaffi da avere persino le guance ammortizzate grazie evidentemente alle cene con i Buzzi e compagnia cantante, invita i ragazzi che ciondolano per strada a “spostare le casse di frutta e verdura in magazzino”. Magari a titolo gratuito e con grande riconoscenza verso chi si fa carico di questa importante formazione. La quale non consiste certo nella fatica fisica, ma nel fare apprendistato di sottomissione, nel capire fin dall’adolescenza chi li ha belli braghi bianchi e chi no.
In questo Poletti è modernissimo e ha capito molto bene il significato della “buona scuola” che è quella di preparare a un lavoro sottomesso, tanto ci saranno le scuole private del resto abbondandemente foraggiate con il denaro pubblico, a formare la classe dirigente. Per gli altri è importante la formazione delle cassette.