Scommettete sull’Undici, vincete sicuro…

Creato il 10 aprile 2014 da Lundici @lundici_it

Quando eravamo bambini, Marlboro era una macchina di Formula 1. Col tempo avremmo scoperto che era una marca di sigarette, ma poichè vedevamo solo la scritta sfrecciare sulla vettura biancorossa, l’informazione era limitata.

La pubblicità delle sigarette, infatti, era (ed è) vietata in Italia ed Europa sin dal 1962, ma a fronte di un divieto così precoce i produttori si sono sbizzarriti nelle più svariate forme di pubblicità indiretta, tipo quella dei film, il pacchetto di sigarette marchiato in mano all’attore di turno, o anche semplicemente il marchio messo in mostra in maniera più o meno subdola in una scena del film. Dal 1991, l’Italia vieta anche la pubblicità indiretta e dal 2005, con l’allineamento della normativa Italiana a quella europea, è anche proibita la pubblicità sulle macchine da corsa, che sono sparite dai Gran Premi d’Italia e San Marino.

Perchè? Perchè le sigarette fanno male alla salute, creano dipendenza, costano soldi allo Stato attraverso la sanità pubblica. Non è un divieto di commercializzazione, come per le droghe, ma comunque non si possono promuovere e vengono fortemente tassate, producendo grandi introiti per lo Stato. L’alcol, invece, si può pubblicizzare, ma anche i superalcolici sono tassati.

E il gioco d’azzardo, soprattutto quello on-line che si infila nelle nostre finestre pop-up?

Se ne parla troppo poco, ma le dipendenze dal gioco d’azzardo, incluso quello on-line, stanno diventando un problema sanitario di grossa portata. Sebbene ci sia una forte regolamentazione, lo Stato non sembra volere intervenire con decisioni proibizionistiche, e i motivi sono abbastanza semplici.

Primo, il gioco on-line è un business molto redditizio e in grande espansione. Il motivo è semplice, a parte i costi iniziali di chi lo propone per entrare in rete e avere le varie autorizzazioni, la gestione e la manutenzione sono incredibilmente economiche rispetto al gioco d’azzardo tradizionale. Niente sale, poco personale, procedure automatizzate… Al punto che anche trattenendo solamente una piccolissima parte dei soldi versati dai giocatori e lasciando il resto sul piatto, gli introiti sono enormi.

Quindi nel gioco on-line si può vincere, ma ovviamente solo nel “breve periodo”: La legge delle probabilità e dei grandi numeri ci assicura infatti che più si gioca e più si perde, soprattutto nei giochi che sono esclusivamente di fortuna. Poniamo – esagerando – che un gioco vi offra una probabilità del 20% di vincere 20 euro, a fronte di una perdita di 10 euro. Ogni 5 giocatori, uno solo vince e riceve i 20 euro, mentre il “tavolo elettronico” incassa 40 euro dagli altri quattro, quindi un profitto netto di 20 euro. Poniamo che siate molto fortunati, e che quindi la vostra percentuale di successo nelle prime giocate sia superiore a quella reale, diciamo pure il 75%. Giocate 4 volte, vincete 3 volte, quindi un incasso netto di 50 euro (60 vinti, 10 persi). Bene, fermatevi. Perchè se giocate 1000 volte, vincerete solo 200 volte (nel lungo periodo vale solo la legge dei grandi numeri), e perderete 4000 euro. E se mille giocatori partecipano nello stesso giorno, il pusher elettronico incassa qualcosa come 8000 euro.

Questi profitti, fanno del gambling un’industria in salute e in grande crescita, volendo vederla in positivo, un aiuto al PIL e all’economia. Se non fosse che poi quel PIL finisce, in misura crescente, in spese mediche, sempre che le conseguenze sociali di una truppa crescente di giocatori compulsivi indebitati non siano ancora peggiori. Del resto, l’Italia stessa è da un secolo che scommette malamente e si indebita.

Secondo, i profitti sono tassati fortemente. Già detto, parlando della tassa sulle bollicine, che se si vuole far cassa, per la politica la strada maestra è quella di tassare ciò che fa male piuttosto che proibirlo. In pratica, una spartizione della torta. Diciamo che il fornitore di giochi on-line sopra descritto abbia 1000 giocatori al giorno, quindi un introito di 8000 euro al giorno. Diciamo pure, esagerando, che abbia costi per 2000 euro al giorno. Quali costi, se tutto è on-line? Forse qualche servizio informatico, ma soprattutto la pubblicità!!! Ebbene sì, chi si muove nella rete sa bene che i soldi investiti sul web portano contatti, quindi utenti. Se spendendo 1000 euro al giorno di pubblicità raggiunge 125 nuovi clienti è già in pari.

Tornando alle tasse, diciamo quindi che a fine giornata, incassati 8000 euro e spesi 2000, ne restino 6000 netti. Lo Stato, scandalizzato dalla poca moralità e dai rischi per la salute legati alle scommesse on-line, tassa i profitti ad uno stellare 50% e raccoglie 3000 euro al giorno di entroiti fiscali solo da quel fornitore autorizzato. Con 1000 fornitori autorizzati parliamo di 3 milioni di euro al giorno. Perchè non autorizzarne altri 1000 e scandalizzarsi ancora di più?

Terzo, ma qui ammettiamo subito di essere nelle conspiracy theories e nella malafede, assumiamo che una fetta del mondo del gambling, non solo slot machine nei bar, ma anche on-line, è in mano a gente poco etica, diciamo pure alle mafie. Magari una piccolissima parte. Nella migliore dele ipotesi, oltre alla pubblicità verso il consumatore, tali imprenditori senza scrupoli faranno pubblicità anche verso la politica, quindi corruzione, sempre che una piccola parte dei politici siano corruttibili. E allora è una situazione win-win-win per la politica, che fornendo autorizzazioni al gioco d’azzardo aiuta il PIL, incassa tasse molto etiche, e magari si mette in tasca anche qualche bustarella. Vogliamo scartare quest’ultima ipotesi per non aggiungerci alla schiera degli antipolitici demagogici? Allora la situazione è sempre win-win, e gli unci losers sono proprio coloro che scommettono pensando di vincere.

Pubblicità indiretta. I fornitori di giochi on-line temono fortemente un divieto alla pubblicità, è ovvio. Il mercato corre però più veloce della politica e stiamo cominciando a conoscere una nuova forma di pubblicità indiretta on-line, che interessa anche l’Undici.

Ma l’Undici non tradisce. L’Undici e’ cresciuto di molto in questi ultimi mesi, abbiamo ricevuto N proposte per la pubblicità, diverse maniere per includere contenuto a pagamento, per ammortizzare le nostre spese.

La prima considerazione da fare, banale ma interessante, è che in nessun caso gli stessi biscazzieri si sono proposti in prima persona, ma attraverso agenzie specializzate. Questo significa che il volume di lavoro, ovvero il fatturato generato dagli stessi è talmente elevato da far crescere e prosperare rigoglioso un sottobosco di altri agenti, il cui core-business è promuoverne la pubblicità sul web. Il famoso indotto.

Però, c’è un però! Molte di queste agenzie hanno la sede e gli uffici fuori dai confini italiani (Berlino, Londra).  Del famoso indotto, quindi, non ne rimane molto nello stivale. Bisogna andare a prenderselo. Mal che vada, i nuovi emigranti impareranno una nuova lingua e avranno vissuto un po’ di anni in una eccitante, dinamica e meritocratica capitale europea. Ma queste sono altre storie cui solo accenniamo.

I job titles suonano bene: “responsabili di media relations” che si occupano di “native advertising”. Cioè uno si sveglia la mattina, mette il vestito di “article marketing manager” e sa che deve infilare pubblicità , quasi sempre di gioco, in qualsiasi contenuto fruibile dagli internauti. Deve farlo in maniera accattivante, subdola, e per questo invia mails ai siti che producono informazione e conoscenza quasi sempre di prima mano, fresca e senza intermediari. Come l’Undici, appunto.

Lo scambio è apparentemente innocente. La pubblicazione di un post scritto da loro su un argomento a piacere, sicuramente interessante e attuale, ma con l’obbligo di inserimento di un link al sito web del loro cliente, come dicevamo quasi sempre con attività relazionata alle scommesse/gioco on-line.

Un esempio? Diciamo che non possiamo (o vogliamo) esserne sicuri al 100%, ma qui si puo’ leggere un articolo con alcune considerazioni interessanti sopra il volume d’affari dei siti di e-commerce italiani. Leggete bene, guardate i link.

Ma vi sono altri esempi, non legati al gioco. Una recensione particolarmente benigna di un film, di una automobile, … tutti contenuti che finiscono sul web ma che sono drogati, non naturali, con un doppiofondo, ma che appaiono scritti in buona fede dall’appassionato cinofilo o meccanico, che proprio per la sua passione e conoscenza incrementa le visite del suo blog ogni mese, fino a quando viene contattato dai personaggi suddetti.

E’ capitato anche a noi. All’inizio fa piacere, perchè ovviamente gli “article marketing managers” non contattano siti sconosciuti, e quindi questo fatto era una implicita testimonianza di come il progetto l’Undici cresca grazie alla passione dei molti che contribuiscono in vari modi.

Abbiamo poi pensato a lungo a come porci a riguardo di queste tentazioni, ci abbiamo anche provato qualche mese fa… ma poi basta. La politica ufficiale, la risposta automatica da mesi a questa parte e’ che possiamo parlare magari del contenuto promosso, ma sicuramente non siamo disponibili ad accettare links che redirigono a siti di scommesse o gioco.

Inoltre, non solo la promozione del gioco non pare cosa etica, ma dalla nostra esperienza si evince chiaramente che questa attività di subdola, occulta promozione di business mina le basi della libertà della rete, oggi sempre più minacciata dai pochi produttori di informazione che possono operare a livello globale, da governi troppo curiosi e da multinazionali del copyright che cercano di difendere assurdi privilegi che forse avevano senso ai tempi di Gutemberg.

Insomma, la rete e la libera produzione e fruizione di informazione sono minacciati da interessi politici ed economici extra-nazionali e l’unico baluardo sono la creazione e consumo grassroot, dal basso, gratuitamente e senza secondi fini, di contenuti originali. Inserire un link ingannando la buona fede del fruitore non ci pare giustifichi il sacrificio dei principi guida su cui si fondò a suo tempo l’Undici.

Lungi da condannare qualcuno o trasformarsi in talebani contro la pubblicità, semplicemente pensiamo che, per sopravvivere, possiamo fare a meno di certi mezzucci. Almeno per ora. Ci sentiamo di escludere di ricorrere a certi mezzucci anche nel futuro nel caso servano a promuovere un fenomeno, quello del gioco, che sta assumendo i contorni di una epidemia, di una vera e propria piaga sociale.

Prima, infatti, qualcuno si buttava da un ponte perchè perdeva tutto nelle bische fumose dei retrobars o piuttosto, come Sciupone l’Africano alias Emilio Fede, si indebitava pesantemente durante certe nottate al casinò che anticipavano certi bunga bunga. Crudamente, bisogna quasi andarsela a cercare. Ora, come detto, no.

Non siamo certamente gli unici a pensare in questo modo: il barista che stacca le slots (ci sono) perchè incapace di reggere alla vista di pensionati, mariti e perfino disoccupati che si mangiano il poco che hanno passando i pomeriggi all’angolo delle macchinette.
In internet, da casa, può succedere la stessa cosa e noi non vogliamo esserne minimamente parte.

Quindi, la buona implicita notizia è che stiamo crescendo e che lo stiamo facendo con un certo stile, di cui siamo orgogliosi.  I lettori e i simpatizzanti potrebbero approvare questa condotta con una piccola… piccolissima… micro… nano…
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