Scontro di civiltà per un ascensore in Piazza Vittorio: un film per vivere insieme.

Creato il 04 giugno 2010 da Daniele7

scontro di civiltà

In un condominio di Piazza Vittorio a Roma convive suo malgrado una comunità multietnica. L’ingresso alla palazzina è vigilato da Benedetta, portinaia intollerante e indiscreta sempre impegnata nella maldicenza e nella pulizia dell’ascensore. Asseconda la sua animosità la signora Fabiani, che adora il suo cane e disprezza Maria Cristina, domestica ecuadorena con figlia a carico e amante bengalese. Si prende comunque cura di lei e della sua bambina il professor Marini, docente universitario a cui Dandini, gestore di un bar e di appartamenti, ricorda fastidiosamente la sua milanesità. All’ultimo piano vivono invece i fratelli Manfredini: Marco, avvocato che ha smesso la toga in seguito al drammatico suicidio in carcere del padre, e Lorenzo il ‘gladiatore’, gagliardo che vive di espedienti e che morirà misteriosamente in ascensore. Amedeo, condomino modello col vizio della filantropia, verrà accusato del suo presunto omicidio. Proverà a difenderlo e a dargli voce Nurit, fuoriuscita iraniana in cerca di asilo politico e di un miracolo. Ostinata e persuasiva, la donna convincerà i litigiosi condomini ad assistere Amedeo, fino a farlo assolvere dall’incriminazione, facendo andare il tilt il sistema con una decina di contemporanee false confessioni di omicidio. Opera prima di Isotta Toso, ‘Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio’ è la trasposizione del romanzo omonimo di Amara Lakhous, giornalista e scrittore algerino che vive e lavora a Roma dal 1995. Questa palazzina multiculturale a ridosso della Stazione Termini è il teatro di una diversità e di una voce da un altro mondo, troppo spesso sofferente e smarrito. La Roma raccontata in questo film è più vera e meno turistica del solito, più vicina ai paesi arabi che all’Europa. Dopo l’orchestra plurietnica di Agostino Ferrente, è la Toso, aiuto-regista di ‘Notturno bus’, ad occupare Piazza Vittorio, per parlare con leggerezza di cose pesanti e profonde sulla natura umana. Un cast davvero eccezionale, un film corale che parla di paralisi, intolleranze, manie, amore, radici. Un film che incanta, destabilizza, critica, distrugge. Tra tutti gli attori spicca la settantenne Milena Vukotic, splendida come sempre nei ruoli surreali, Serra Yilmaz (l’alter ego di Ozpetek), di un’espressività lancinante nella sua inespressività, che lascia entrare nella pellicola un po’ del talentuoso regista turco, e il gladiatore Marco Rossetti al suo esordio come attore cinematografico, di un realismo sconvolgente. Un film che tutti dovrebbero vedere, che dovrebbe essere proiettato nelle scuole, per mostrare a tutti di cosa è capace l’intolleranza, che divora ogni spazio comune, da un ascensore a un’intera nazione. Un film che davvero rende giustizia alla realtà sociale italiana, non più monolitica come tanti vorrebbero farci credere. Un film che non lascia spazio ai sogni, tranne nell’ultima scena, in cui una Nurit estasiata è testimone di una favolosa nevicata di agosto, simbolo di un evento improbabile ma non impossibile.

Tutti dovrebbero vedere questo film perchè tutti dobbiamo imparare a vivere insieme, ad arricchirci a vicenda, perchè un popolo che si ostina a costruire barricate è destinato a morire di stenti.


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