di Iannozzi Giuseppe
L’Impollinatore tiene il monopolio anche sui premi.
Ha vinto di nuovo l’Impollinatore.
Degli scrittori manco l’ombra purtroppo.
Il Premio è più che mai inflazionato. Diventato peggio di quell’altro titolo, qual era?, il Camillo Benso, conte di Cavour se non vado errato…
Sostanza, ci sarebbe della sostanza palpabile nella 63ma edizione del Premio?
Senza far troppo chiasso e polemiche che non desidero innescare, Tizio scrive, ma è un personaggio di quelli che io inserisco in una apposita categoria, quella degli scrittorini. Ho ancora il suo Kamasutra che non mi riesce proprio di finir di leggere: c’è che dopo manco mezza pagina mi cadono i coglioni, e così lo mollo di brutto. Sono anni che è sul comodino ad accumulare polvere sulla copertina sempre più scolorita mentre le pagine ingialliscono e si accartocciano. Non parliamo poi di quell’altra porcata, che purtroppo non fa manco ridere, di “Scopami e che non se ne parli più”, titolo ahinoi accolto nella Piccola Biblioteca Mozart: certo di porcheria nell’editoria ne ho vista, ma “Scopami e che non se ne parli più” è una porcata impubblicabile perché non divertente né erotica né boccaccesca né altro. Molto meno che trash. Forse solo un trash maialesco che certi ragazzetti brufolosi, – scurrili, e innocenti quasi perché del sesso tutto sanno per essersi donati anima e corpo ad Onan – disegnano sui banchi di scuola, con la prima occasionale matita che gli capita a tiro, cioè in mano.
A fronte di ciò, mi permetto di fregarmene di Tizio: non ho letto mai alcuna sostanza in Tizio, ma ho invece trovato tutto ciò che ho sempre deprecato nelle Lettere Italiane.
Ha vinto l’Impollinatore. Non era però presente l’autore alla Cerimonia e tanto meno il libro.
Ha vinto il monopolio del Padrone.
Ha vinto l’editore più forte. Che guarda caso è in mano a Joseph McCarthy, come del resto la più parte dell’informazione.
Ultima nota: leggevo su un free press una intervista a Tizio che temeva non avrebbe vinto perché erano già due anni consecutivi che il Premio andava a dei titoli dell’Impollinatore, per cui se avesse vinto di nuovo l’Impollinatore gli altri editori se la sarebbero presa a male. Poi Tizio si diceva comunque felice d’essere nella cinquina e gli dispiaceva che un suo amico in lizza per il Premio fosse stato fatto fuori sì tanto presto.
Ed invece il Potere, anzi lo Strapotere del Monopolio Editoriale ha vinto di nuovo: il Premio è andato per il terzo anno consecutivo in casa dell’Impollinatore. E io non so davvero come un autore, che sia un minimo serio e intellettualmente costumato, possa accettare tutto ciò; né so se Tizio un po’ di vergogna la tiene o se invece crede che il Premio l’abbia veramente ricevuto per meriti sul campo.
Il Premio è in mano molto molto più di ieri al potere. A quello dell’Editore. Del Padrone.
A vincerlo non è un sédicente autore. E’ invece l’Editore.
Tutto qui. Non ci torno più su, perché non mi va di parlare dello “schifo totale che c’è”; e criticando ulteriormente il Premio, in una maniera più diretta senza arzigogolati giri di parole come sto ora facendo, gli regalerei in ogni caso pubblicità, quasi meritasse la mia attenzione, quella del pubblico e della critica.
Non risponderò quindi ad eventuali critiche… farei mio malgrado il gioco di chi vorrebbe che del libro premiato se ne parlasse tanto e tanto, foss’anche per criticarlo non in positivo. Niente pubblicità regalata, uguale alla comprovata strategia che Joseph McCarthy adopra ogni santo giorno dicendo “mi avete frainteso”.
Non chiedetemi di fare il gioco del Padrone. Sono troppo vecchio per cascarci in simili giochetti.
Ed ora torno alla bella pace del Bingo dell’oratorio sotto casa: c’è ‘na vecchietta che è proprio un osso duro, mica so se la scalzo, pare che legioni di angeli… cioè di pretini facciano miracoli per lei. Porco diavolo.