Stavolta Jolly Roger diventa Marco Peveri e ci racconta il suo magnifico e affascinante viaggio in uno dei posti più inaccessibili e misteriosi dell'Australia.
E luogo di culto per gli amanti dell'horror...
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Oggi lasciamo perdere “i Tesori di Jolly Roger”, gli horror sconosciuti che fan più ridere che paura :)Voglio infatti raccontare una storia più normale, meno affascinante, più comune ma molto più personale. E' la storia di una persona anonima, con una vita piatta e monotona, una vita di ufficio, sepolto sotto moli gigantesche di numeri e numeri e ancora numeri (che alla fine son come mostri che mangiano tutti i sogni).Questa persona ha una passione però, quella del cinema; quello in generale sì, ma in particolare il cinema horror.Non so poi perché proprio l’horror. Anzi, sì, lo so.Perché l’horror è qualcosa di ignoto, di pauroso ma anche emozionante, che ti fa evadere da tutto, che ti porta in un mondo dove non valgono le solite regole, dove qualsiasi cosa può succedere. Un genere solitamente privo di profondi contenuti, ma stra-carico di mistero, che poi è proprio la componente che più manca in una vita grigia come quella di cui raccontavo. :)
Un giorno come tanti altri, mi siedo sul divano e faccio click, pregusto con gioia quel che vedrò, un bel film horror di cui non conosco nulla, ma che sono sicuro mi farà evadere, ancora una volta, da tutto e da tutti.Un horror che comincia come mille altri: un gruppetto di ragazzi che fanno festa, bevono, inciuciano, fanno gli scemi. Poveracci, penso io guardandoli. Come sempre succede negli horror sti ragazzi prima fanno festa come scemi e poi finiscono tra le fauci del Lupo.E il film si intitola proprio Wolf Creek.E io che pensavo che parlasse di lupi mannari! Invece no. Wolfe Creek (Wolfe con la e finale) è un cratere gigantesco, formatosi 300.000 anni fa nel deserto australiano, a causa dell’impatto di un grosso meteorite caduto dal cielo. Una roba tipo Deep Impact, per intenderci.È un luogo fantastico, lunare, desolato. Non sorprende che gli australiani abbiano ambientato proprio qui il loro horror più famoso di sempre (ma hanno tolto la “e” finale, Wolf anziché Wolfe, per dare un tocco più “lupesco”).I ragazzi del film percorrono il deserto australiano, in una specie di vacanza in sacco a pelo ai confini del mondo, arrivando fino a questo immenso cratere. Quando lo vedo rimango folgorato, estasiato. Non pensavo esistessero, al mondo, posti incredibili come quello. Posti dove l’orologio sembra essersi fermato centinaia di migliaia di anni fa, posti che sembrano immobili, a testimoniare in silenzio la loro grandezza. Il film mi è piaciuto un sacco. Quando finii di vederlo, mi chiesi quanto sarebbe stato magnifico vedere quel posto dal vivo, ben sapendo, però, che verosimilmente non avrei potuto vederlo mai. Eppure...Eppure capita di avere un fratello il quale, dopo anni di riflessione, matura una scelta definitiva e per niente leggera: quella di emigrare in Australia (un giorno dovrei dedicare una puntata della mia rubrica horror a qualcosa che, rispetto ai filmetti che di solito commento, è una cosa Horror-ma-sul-serio, ovvero la nostra itaglietta, che anziché offrire lavoro e serenità ai giovani li caccia via, comportandosi praticamente come una tigre che divora i propri cuccioli – ma lasciamo perdere, non è questa la sede). Dicevamo, mio fratello deve andare in Australia a fare qualche pratica burocratica relativa all’ottenimento del visto. Appena saputo, è stato automatico abbandonare la vacanzetta che stavo progettando, per dedicarsi ad un progetto che ci avrebbe coinvolto entrambi:
Agosto 2012: WOLFE CREEK
Praticamente il viaggio della vita, quella vacanza Magica che fai una volta sola (anche perché coi costi che c’ha, cazzo, la fai davvero una sola volta).Una specie di pellegrinaggio horror al “nostro” Cratere.Prima tappa, l’aeroporto di Darwin, in cima all’Australia, nella regione del Northern Territory.Raggiungiamo il punto di partenza dopo 24 ore di ore di volo insonni…sostanzialmente siamo già sfiniti prima di iniziare la vacanza. Perché la Sfiga, in realtà, non si ferma in un posto, ma ti osserva, e se ti vede che vai in un altro continente, piglia un biglietto aereo pure lei, solo per starti vicino e farti compagnia in culo al mondo.La Sfiga ha le sembianze di quel vicino di posto che nessuno vorrebbe mai: il “viaggiatore abituale”, quello che appena si spengono le luci, c’ha già bella pronta la sua mascherina nera, se la cala sugli occhi e inizia a russare, grugnendo come una bestia in letargo, un trattore con la marmitta truccata da formula 1.E quando, nonostante il suo rumore animalesco, sei lì lì che stai per addormentarti, chiaramente è lui a svegliarsi, e sveglia pure te, perché devi lasciarlo passare, che deve per forza andare al cesso. Quando torna, si siede, appoggia la testa ed in 7 secondi ricomincia ad ansimare come Grizzly - L’Orso Che Uccide.Arrivati a Darwin alle 4 del mattino, stendiamo gli zaini e ci accampiamo in zona ritiro bagagli per schiacciare un pisolino, visto che in aereo,per i motivi di cui sopra, non abbiamo dormito (nella foto mio fratello, talmente incazzato per la notte insonne che non riesce a dormire nemmeno ora).
Nonostante tutto, comunque, le sensazioni suggeriscono che le cose andranno nel migliore dei modi. Dopo altre 4 ore di non-sonno, apre il car rental e ritiriamo la jeep prenotata dall’Italia (dovendo affrontare il deserto, non v’era altra soluzione che pigliare una jeep, praticamente un salasso di sangue). Breve tappa a Darwin, dove beviamo un caffè - che era tanto lungo che praticamente sembrava un bicchiere di coca cola (peraltro schifoso) e, nella piazzetta centrale, alcuni australiani sfoggiano i loro serpenti. Finisce che un pitone mi si avvinghia alla gamba. Io rido, sì, ma stikazzi.
Disarcionato il pitone (con l’aiuto provvidenziale di Crocodile Dundee) partiamo alla volta del cratere, che dista ben 1.500 chilometri da Darwin.Esattamente come nel film di Wolf Creek, ci fermiamo in uno degli ultimi avamposti umani prima dell’Outback. Nel parcheggio della road-house, notiamo uno strano furgoncino.Ehi, ma non è esattamente uguale al furgoncino di Mick Taylor, il killer del film? Mmmm…non il migliore dei presagi.
Dopo qualche altro centinaio di chilometri, arriviamo ad Halls Creek (chissà perché tutti i posti nel Northern Territory finiscono con “creek”) Da qui in poi, gli ultimi 400 chilometri sono praticamente tutti nel deserto. Non rimane che fare scorte di viveri, ma soprattutto di benzina, dato che, per almeno 800 chilometri tra andata e ritorno, non troveremo autogrill, né altra costruzione umana. Per fortuna, ci siamo procurati qualche tanica da caricare in auto (nella foto, mio fratello ne riempie una)
Finalmente, inizia l’avventura, quella vera: entriamo nel Deserto del Nord. Niente più strade asfaltate, siamo in mezzo al nulla.
Quella in foto è una delle strade più “mitiche” dell’Outback, Tanami Road, non asfaltata e pesantemente corrugata, tanto che viene soprannominata Killer Road, la strada “ammazza-veicoli”. E non è un soprannome esagerato, per niente.I veicoli li ammazza sul serio.Lungo la strada ci sono diverse carcasse di auto che, in seguito a guasti o incidenti, sono state abbandonate. Di certo il carro attrezzi non viene a recuperare nessuno qui.
Non potevo smettere di chiedermi cosa ne era stato di chi aveva occupato quelle automobili. Mi sembrava di essere un visitatore inopportuno, che invadeva luoghi che dovevano restare di proprietà esclusiva dei fantasmi che li popolavano.E forse era proprio così.La natura che ci circondava non sfoggiava alcun sorriso di benvenuto nei nostri confronti, basta guardare i termitai giganti a bordo strada (altri diversi metri!), che sembravano assumere espressioni antropomorfiche, minacciose, per nulla contente della nostra presenza.
Gli australiani chiamano questa zone “Outback”. Non c’è un termine nella nostra lingua per definire cos’è l’outback, letteralmente significherebbe “fuori l’oltre”, “oltre l’oltre”, per indicare un posto che sta proprio in fondo, che è oltre qualsiasi altro posto.Le carcasse di autovetture non sono le uniche che si vedono al passaggio. Capita di imbattersi in carcasse di animali, con tanto di rapaci intenti a staccare pezzi di carne col becco ed ingozzarsi di carne. Davvero…horror!
La natura è crudele, sì, ma è anche straordinaria. Millenni di evoluzione ti rendono capace di vivere in ogni posto del creato, sfidando qualsiasi difficoltà di clima e territorio. Questi alberi, nella foto che segue, sono una specie particolare che vive là, sono un po’ “ciccioni” perché incamerano riserve d’acqua nella stagione piovosa, in modo da poterla conservare e “bere” nella stagione arida.Guardandoli, mi piaceva pensare che essi stendessero le loro migliaia di braccia al cielo, per gridare la loro disperazione per l’aridità da cui sono circondati.
I 250 chilometri di Tanami Road che precedono il cratere non me li scorderò mai, sono stati una figata. La nostra vecchia jeep economica (era un po’ un rottame per dirla tutta) continuava a sobbalzare sul quel terreno sconnesso e scricchiolava tutto, ma continuava a viaggiare…per fortuna, perché il cellulare non prendeva (come nel film...)Dopo circa 8 ore di deserto raggiungiamo finalmente l’indicazione per una stradina che piega sulla sinistra, verso il cratere. Un’altra mezz’ora e siamo arrivati!
Un cartello ci ricorda che dobbiamo procurarci un bastone. Il deserto australiano non è sabbia, ma ci sono piccoli arbusti e cespugli ovunque. In un Paese in cui vivono i serpenti più velenosi del mondo, a centinaia di chilometri dall’ospedale più vicino, quegli arbusti sono un problema: ogni passo che fai lo misuri al centimetro, in silenzio, con gli occhi ben spalancati e le orecchie tese a identificare il più sottile fruscio o sibilo. Comunque, il sentiero è ben visibile ed in poco tempo arriviamo in cima.Il cratere non ha per niente le dimensioni “gigantostopiche” millantate dal film (3 chilometri e profondo 300 metri?! Macchè, è circa un chilometro di diametro, alto una settantina di metri). Tuttavia, la sensazione che si prova lì è unica. Non si sente nulla, c’è il silenzio assoluto. Ci si sente immensamente piccoli, in senso spaziale ma anche "temporale": il cratere che ci circonda sì è formato 300.000 anni fa, c'era prima, c'è ancora oggi, ci sarà sempre, nella sua silenziosa maestosità.Si respira la desolazione, non una desolazione triste ma di un tipo diverso, che prima non avevo mai provato, che nasce dal contrasto che si prova immaginando quanto deve essere stato potente l’evento che ha originato tutto ciò, rispetto al silenzio e all'immobilità attuali del cratere.Ma è inutile descrivere quel che si prova, meglio lasciare spazio ad un breve video (notare la battuta di mio fratello nel finale, cioè le ceneri di un bivacco che sono in realtà il resto del fuoco dell’impatto; peraltro se la fa a sé stesso e poi ride).
Poi è calata la notte. Abbiamo dormito in auto. Il buio del deserto era totale…ma il cielo era tappezzato da un manto di stelle splendenti come in nessun'altra parte del globo.Ci sono posti talmente surreali e magnifici al mondo, che è difficile negare che esista un Dio che ha progettato tutto. Wolfe Creek è proprio uno di questi!Purtroppo non lo rivedrò, è un po’ “fuori mano”. Ma lo rivedrò spesso nei miei ricordi :-)E poi…nel buio più totale, d’un tratto udiamo un fruscio negli arbusti. Un fruscio forte.C’è qualcuno.Un brivido percorre la schiena, pensando al destino degli sfortunati ragazzi del film, che di notte a Wolf Creek si trovano davanti il killer pazzoide Mick Taylor…Mano alla pila, facciamo luce tra gli arbusti…Ma ecco che sbuca lui!
Un carinissimo canguro, molto più spaventato di quanto siamo noiMa ora spazio ai film!
WOLF CREEK (2005)
WOLF CREEK 2 (2013)
Ah, attenzione…Wolf Creek 3 è in canna, devono iniziare le riprese…Non vedo l’ora :)