“Scritti di psicocritica”, opera di Enrico Castrovilli: profili psicologici di poeti e narratori italiani

Creato il 27 marzo 2014 da Alessiamocci

“Scritti di psicocritica“. Psicocritica è sviscerare  il testo letterario con uno scavo archeologico ed emotivo che restituisce la genesi e le componenti psicologiche che entrano in gioco nella strutturazione di un testo.

Se poi lo psicocritico è il prof. Enrico Castrovilli ne verranno fuori profili psicologici delineati con accuratezza di sostanza e di forma attraverso un indagine callida, particolareggiata, mai oziosamente accademica, di autori che hanno indagato l’animo umano con sorprendente sensibilità e conseguente sofferenza e talora pacificazione. Da Carlo Emilio Gadda a Mario Desiati, lo psicocritico Castrovilli entra col bisturi della conoscenza e del cuore dentro gli autori producendo un’opera che lascia i lettori soddisfatti e desiderosi di conoscere cosa di nuovo ancora ci dirà il professore.

Dicevo altrove che un testo di profili psicologici parte a ragione da Gadda, che con la sua opera La cognizione del dolore indaga, senza nulla risparmiarsi, dentro il male oscuro dell’anima, che solo la letteratura può alleviare, quando sì fa così onnipresente nella vita e pungente fino alla disperazione; un dolore “che si porta dentro  di sé per tutto il folgorato scoscendere di una vita, più grave ogni giorno più immediato”. Ma perché, ci si chiede, tanto dolore raccolto in un’unica esistenza? Esso va di pari passi con la consapevolezza della condizione umana, Leopardi docet, ma è anche il risultato di eventi sfortunati che, quando poi risalgono al una “terribile infanzia”, lasciano un segno indelebile nell’animo. Di consapevolezza e disgrazie psicologiche Gadda aveva da venderne. A nulla giovano le cure psichiatriche, perché queste spesso con i farmaci addormentano il dolore, ma non lo risolvono, come non lo risolve la psicoanalisi che ci dà strumenti di conoscenza, ma non di cura (questo era chiaro alla stesso Maestro Freud).

Da un’infanzia “terribile” nasce una storia di dolore insopportabile, maturando odio viscerale verso la madre e il desiderio iconoclasta di cancellare la memoria del padre, attraverso “il  rito del ritratto calpestato”. Un misogino, in verità, Gadda, con tutto un carico di sofferenza che si fa nevrotica coazione a ripetere dinamiche che scatenano sofferenza in una spirale che stringe e non dà tregua. Di qui nasce la cognizione del dolore in cui si trasferisce su Gonzalo tutto la sofferenza di una vita e tutta la sindrome psico-affettiva-sociale da cui il poeta è affetto con un’analisi così profonda da sconvolgere gli ordini dell’umano sentire.

Dopo il doveroso tributo a Gadda, il testo è una carrellata di profili psicologici di autori in poesia o in prosa o in entrambi di autori soprattutto della Puglia, terra di origine dell’esperto, docente e medico psicologo di formazione analitica, che oggi risiede a San Vito dei Normanni. Si parte da Giuseppe di Viesto (1931), proprio di San Vito, autore multiforme e poliedrico, in vernacolo e in lingua. Maturo fin dai suoi esordi, produce opere di spessore e di consistenza con quel tratto di leggerezza che  è la cifra di una vocazione. Quando la profondità si incontra con la leggerezza siamo per me agli apici della letteratura, che spazia dal privato all’universale, con la precisa volontà di recuperare la memoria storica che rovinisticamente andrebbe dispersa. Poesia e prosa di emozioni e sentimenti, che, indagando nel profondo, risponde alle attese dell’uomo contemporaneo, mentre col tempo si avverte più pungolante e presente l’ansia metafisica e la poesia diventa elegia, con immagine appena accennate con la consueta delicatezza.

La prosa ha come sfondo il paese di san Vito dei Normanni, un luogo addormentato, fermo nel tempo, ma che attende con ansia il momento del risveglio: desiderio di identità e di autenticità sono le molle che muovono l’opera di forte impatto emotivo. Sofferenza e slancio emozionale presenti nell’altrettanto poliedrico e prolifico pugliese Michele Saponaro che con la sua Casa senza sole struttura una sorta di diario di guerra di una donna che si ritira in una villa di un borgo “dove non entra il sole”, tentando così di colmare i vuoti esistenziali lasciati dal figlio partito per il fronte nel periodo della Grande Guerra, aspettando qui notizie che giungano da lui. La peggiore sofferenza è non conoscere che fine abbiano fatto o facciano i nostri cari e l’ansia cresce ogni giorno, in una spirale senza tregua, da cui si cerca di sottrarsi con l’assiduo lavoro. Entriamo così in un’anima femminile, traboccante amore materno, che coincide tutta con l’attesa del “suo bambino” attraverso un testo di analisi meticoloso, illuminato e aperto, senza orpelli ideologici perché l’ispirazione sgorghi pura e naturale.

Non poteva mancare una riflessione su Sandro Penna, perugino (1906/1976), in cui la semplicità della magia poetica si coniuga con una ricerca mai paga di innocenza. Una poesia che destruttura gli intellettualismi e i tecnicismi a tutto vantaggio di soluzioni pure, trasparenti e archetipiche. Semplicità in Penna è profondità e, come dice Aristotile, nella semplicità c’è tutta la qualità della sintesi, filosoficamente intesa, e il poeta si eleva portando a perfetto connubio la dimensione emozionale con quella cosmica: “Io dolce vorrei dormire addormentato/entro il rumore dolce della vita”: Condizione augurabile per tutti racchiusa in un distico di stupefacente densità emozionale. Ma col passare degli anni la poesia diventa chiaroscurale e si infiltra la pena e la malinconia in un naturale percorso esistenziale: ”Notte bella, riduci la mia pena./Tormentami se vuoi, ma fammi forte”. Poesia sincera che rispecchia tutti colori di un’anima, che pur nella sua  semplice raffinatezza ha aperto una serie di questioni, tra cui l’annoso quesito: che forse in tale semplicità si nasconde un’ intenzione sociale, la necessità di fa accettare la sua irregolarità? A Barbari Squarotti sembrerebbe di sì, ma ovviamente tot capita tot sententiae.

Mentre il problema dell’infanzia ritorna nell’opera Pricò del pugliese Cesare Giulio Viola, riedita nel 2010 dalla Lupo editore di Copertino, sempre così attento a valorizzare la letteratura locale e non solo. Un dolore lancinante risalente al distacco da “mammà”, quando lei si asciugava le lacrime alla presenza del signor Arturo fino alla sua scomparsa; il dolore meno elaborabile per un bambino, per cui a momenti fugaci di gioia si susseguono periodi di invalidanti dolori psichici, con fobie, ansia, coazione, gelosia…

E ora che vi ho accompagnati dentro il testo di psicocritica di Enrico Castrovilli sta a voi lettori immergervi in questa corrente emozionale che ho innescato alla scoperta delle “verità” nascoste dentro le opere di autori che si sono distinti per sensibilità a profondità, certa che il pensiero profondo nasce solo in anime sensibili e sofferenti, che si portano dietro le ferite e le cicatrici, che l’autore tratta con profondo rispetto.

Presta infatti orecchio alla parola degli autori, conducendoci per mano con competenza e umanità dentro i loro testi che presentano un mondo emotivo complesso e variegato a noi accessibile con questa chiave di lettura che il professore ci fornisce. Sono da critico psicoanalitico convinta che solo lo scavo dell’esperto possa restituire le opere alla loro grandezza, evitando letture scolastiche e superficiali, ma aprendo la nostra mente allo scandaglio di anime travagliate e perciò di illimitato interesse. Il che giova allo sviluppo di quella intelligenza emotiva che tanto difetta nel nostro secolo.

Written by Giovanna Albi


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