Alcuni lettori mi hanno segnalato un articolo pubblicato sul sito http://www.vice.com/it/read/poliziotti-scrittori-italia-antologia-678, a firma di Mattia Salvia, intitolato “Il meglio della letteratura dei poliziotti italiani”, all’interno del quale viene richiamata una mia intervista rilasciata al salone del libro di Torino, in veste di poliziotto scrittore.
Evidentemente Mattia Salvia deve aver letto tutti i libri dei poliziotti scrittori per avere le idee così chiare e giudicare tutte queste opere (oltre un centinaio, come lui stesso scrive) così al ribasso, bocciandole in toto. Appare perciò evidente che un articolo di questo taglio avvicini il pericolo di cadere esso stesso nella rappresentazione dello stereotipo poiché giunge a silurare dei libri solo perché scritti da appartenenti alle forze di polizia.
Un luogo comune di cui Salvia non può fare a meno? Probabile.
La sensazione è che abbia fatto un clamoroso autogol anziché restare lontano dai preconcetti come dovrebbe fare ogni serio giornalista che scriva di qualsivoglia tematica. Evidentemente Salvia non è esente da contaminazioni legate ai pregiudizi e si conferma in linea con un paese come il nostro, in cui ogni cambiamento (anche filosofico) pare essere osteggiato, all’interno di un meccanismo sociale che inganna le menti e trasforma un pregio il preservare la propria posizione, a tutti i costi.
A prescindere.
Caro signor Salvia, io sono un poliziotto che per passione scrive e non sono un professionista della penna ma per mio diletto pubblico opere che si addentrano in tematiche a sfondo poliziesco (ma non solo) forse per mostrare un’altra visuale della cronaca o della storia o forse solo per esprimere la mia percezione dell’umana esistenza. Non ho certo pretese di eccellenza ma mi metto in gioco esponendomi a critiche, confronti e dibattiti, con chiunque, senza limitazioni di sorta. Rispetto chi mi ignora e dialogo con chi mi apprezza e con chi mi critica, accettando ogni ragionamento purché intellettualmente onesto, conscio che ogni singola critica costruttiva aiuta a crescere. Sono consapevole che per ora le mie doti letterarie (alquanto primitive, lo ammetto) non mi hanno ancora consentito di scrivere capolavori, ma ritengo che non esistano scrittori di serie A e altri di serie B, scrittori da boicottare o altri da leggere. Esistono magari dei libri belli e altri scritti male, storie noiose e altre avvincenti, testi eleganti e altri carenti da punto di vista della scrittura. Personalmente credo che giudicare un libro sulla base di chi l’ha scritto o sulla professione che svolge sia qualcosa di inconcepibile e insensato, perché ogni opera d’arte non dovrebbe avere né bandiere nè colori a renderla tale.
Quando entro in una libreria cerco e scruto tra i libri in cerca della storia che riuscirà a rapirmi e portarmi mentalmente in un’altra dimensione, pagina dopo pagina. Per farlo non mi sono mai approcciato con precisi filtri, tra cui l’occupazione presente o passata dell’autore, che semmai ho scoperto solo successivamente, quando il libro è entrato nella mia personale collezione.
Sino ad ora ho pubblicato cinque libri, per mia fortuna nessuno dei quali auto-pubblicato o sovvenzionato dal sottoscritto. Non lo considero un merito ma solo un percorso figlie di scelte personali. So che quelli “bravi” a scrivere sono altri ma so che c’è sempre tempo per imparare e studiare. Non ritengo la mia professione una palla al piede alla mia espressione letteraria, anzi, proprio il tecnicismo che si lega al mio lavoro potrebbe rappresentare una marcia in più qualora riversato in maniera adeguata nelle pagine di un libro. Se poi la mia opera sarà degna di essere cestinata o ignorata dal lettore, non sarà certo colpa della mia divisa.
Di questo ne sono certo, caro signor Salvia.
Maurizio Lorenzi