Scrivere Breve: Cormack Mc Carty, Cavalli Selvaggi

Creato il 17 gennaio 2015 da Faustotazzi

Sulla superficie ricurva della terra buia e senza luce che sosteneva le loro figure e le innalzava contro il cielo stellato, i due giovani sembravano cavalcare non sotto ma in mezzo alle stelle, temerari e circospetti, appena entrati in quel buio elettrico come ladri in un frutteto lucente, scarsamente protetti contro il freddo e i diecimila mondi da scegliere che avevano davanti a sé.
Allungò le braccia e premendo le mani contro la terra si lasciò girare lentamente nelle tenebre, sentendosi al centro del mondo che si muoveva enorme e vivo sotto di lui.
Andava in cucina a bere il caffé quand’era ancora buio, sellava il cavallo al chiarore dell’alba in compagnia delle piccole colombe del deserto che si svegliavano nel frutteto. Poi, mentre sorgeva il giorno, galoppava nell’aria fresca del mattino sulla strada lungo la ciénaga e gli acquitrini facendo levare stormi d’anatre d’oche o di smerghi che decollavano sull’acqua, perforavano la bruma e prendevano quota indorandosi ai raggi di un sole ancora invisibile.
Di notte si arrampicavano lungo il confine occidentale della mesa e si fermavano a due ore di cavallo dal ranch a guardare le lanterne a gas dei cancelli dell’hacienda che galleggiavano nel lago di tenebre della pianura. Le stelle cadevano a centinaia e le luci della valle sembravano muoversi come se il mondo girasse attorno a un’altro centro.
Quando pioveva, sulle montagne il cielo era più vicino e la notte più calda, allora al ritorno entravano in un laghetto e i cavalli immersi fino al ventre si fermavano a bere facendo oscillare e tremolare le stelle riflesse nell’acqua. 
Poi la pioggia cessò e la notte divenne limpida, la luna appena sorta danzava sui fili della luce come una nota musicale argentata, nei campi l’aria era impregnata di un forte odore di terra, di peperoni e ogni tanto di cavalli. Quando arrivarono a Monclova, lui strinse la mano a ogni bracciante, girò intorno al camion e ringraziò l’autista salutando gli altri due passeggeri nella cabina poi restò a guardare i rossi fanalini di coda che si allontanavano sulla strada verso la periferia.
Alla fine tutti noi veniamo guariti dai nostri sentimenti. Quelli che non vengono guariti dalla vita vengono guariti dalla morte.
John Grady guardò le luci della città rischiarare il deserto a nord, prese le redini, montò a cavallo e afferrò il baio di Blevins per la briglia.Tienilo, altrimenti mi verrà dietro.Questo è ancora un buon posto per viverci.Sì, lo so. Ma non è il mio.Qual’è il tuo paese?Non lo so, rispose John Grady. Non so dov’è. Non so dove sia andato a finire.
Rimase vicino al cavallo a guardare l’amico che rimpiccioliva pian piano sullo sfondo del cielo, s’accucciò per vederlo più a lungo ma ben presto il cavaliere sparì.

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