Gli uomini si dividono in due categorie: quelli che si mettono comodi. E appassiscono. E gli altri. Io faccio parte degli altri. In ultima analisi, dico io, la vita è una favolosa rottura di coglioni. Ma su cosa dobbiamo concentrarci? Sulla rottura di coglioni? O sul favoloso? I comodi si adagiano sulla rottura di coglioni. Li rassicura. Gli altri, li vedi, si catapultano in strada a tutte le ore, valicano la notte avidi e nevrotici, spaesati ma concentrati. Cercano il favoloso. E non lo trovano. Perchè lo hanno già vissuto. Ma fanno finta che questo preveda il bis. Non è così. Però non lo sappiamo veramente. E allora giù a provarci senza tregua, come i drogati. E, come per tutti i drogati, la strada per il favoloso è costellata di squallore.Lontano dall'adolescenza ci si inventa una vita logora, uno strappo muscolare del gesto e del pensiero. Allora si crolla nel dormiveglia pomeridiano. Volevamo la poesia, abbiamo raccattato i malanni. Volevamo l'emozione, siamo stati ripagati a forza di palinsesti televisivi. Eppure li abbiamo visti, agli angoli della strada, i pensionati moribondi che parlottano con la passione e l'accanimento di un tempo che era. Sembrano vivi. Scrutano, con eccitazione maniacale, i lavori in corso all'angolo della strada. Sollevano gli occhi liquidi di stupore dinnanzi alla scavatrice meccanica. Trovano i miracoli dappertutto. Allora sono vivi, Allora non sappiamo proprio tutto. C'è dell'altro.
Il figlio di Rita sostava apatico sulla soglia col sussidiario in mano. Non ho resistito."Che stai studiando Albertino?""I confini del Nicaragua" dice il piccolo."Pare che ci siano un sacco di troie ai confini del Nicaragua".Lo capite da soli che come maestro elementare avevo un futuro fulgido. Ci ho la didattica che scorre nelle vene, io.Ha riso, Albertino. Ci si è messo pure lui a prendermi in contropiede. Non doveva ridere, porca puttana, doveva scandalizzarsi o al massimo guardarmi come un allocco.E invece no, l'ha fatta sua, la lezione.C'è un futuro in Albertino. Dobbiamo tenerlo d'occhio. Per lui, quello che dice la maestra è una possibilità, non una certezza. Me lo ha reso noto con quella risata.
Vedo quelle sette foto dove io non ci sono. Non è una nostalgia prevedibile, diciamolo subito. Non è mancanza di affetto per una madre che non esiste più. Non è questo. E' altro. E' il contenuto di quelle foto che mi sconvolge i sensi. Che sconvolge anche i sensi vostri perchè anche voi ce le avete quelle foto, uguali sebbe diverse. Io, per quanto riguarda me stesso, lo so cos'è. E' che in quelle foto alberga una cosa che poi a noi non è più appartenuta. La semplicità. In quelle foto c'è, in tutto e per tutto, un cencetto di vita semplice che a noi è sfuggito totalmente. Rendendoci l'esistenza un groviglio artificioso così scadente, ma così scadente. C'è, nelle foto delle nostre madri, il piacere genuino e purificato della vita.
"Non avrete più notizie di me, ma state tranquilli, immaginatemi vivo e sereno. Mi farò vivo solo un'altra volta, da morto. Ma avrò provveduto io alle spese del mio funerale. E ora non piangere più, Maria. Tu piangi perchè credi, sbagliando, che c'è una sola vita su questa terra. Invece ce ne sono almeno tre, forse quattro. Tieni a mente quello che ti sto dicendo. Perchè da qui in poi, questo è l'unico concetto buono a tenere in vita sia te che me". Per adesso, non mi ascolta. Vuole piangere a tutti i costi. Ma poi le torneranno in mente queste parole, perchè sono autentiche.
L'altra incommesurabile grandezza di Ratto è che lui tratta Manaus, questo agglomerato insensato che i più neanche sanno dove si trova, come se fosse Parigi o New York. Lui non ne vede il limite oggettivo. Lui non ci crede alle differenze palesi. Ritiene che le differenze siano solo nelle mentalità degli umani. Uno pensa, questo è un fanatico, un pazzo. E lui ti sbatte con soavità col cervello contro il muro perchè ha ragione lui.
Ho settantasei anni, ormai.E quando canto, mi applaudono per un rispetto al passato. Come non avvilirsi sempre un po' di più di fronte a questa brutta sensazione, chiara e irreparabile. Gli applausi deboli assassinano. Te lo devono, ma stanno pensando ad altro.
Si, Gegè, tu, io, i nostro splendidi amici e compagni estivi, facevamo il tuffo a mare e ad ogni tuffo ci lasciavamo il mondo alle spalle. Ogni tuffo, una ierofania, un'incursione azzardata e sempre ben riuscita del sacro nel profano. Così, a mani aperte e testa bassa, i piedi uniti mi raccomando. Non ci disuniamo, Gegè, non ci disuniamo, urlavano quegli amici dentro l'eco di Posillipo, che poi il tuffo viene male. Bisogna schizzare il meno possibilie. E non vale solo per i tuffi. Solo adesso capisco veramente, e gli occhi pieni di lacrime non mi bastano più. Perchè adesso capisco una cosa che mi strazia, solo ora comprendo, Gegè, che è tutta la vita che attendo, con un desiderio scandaloso e illibato, di aver sempre e solo desiderato unicamente una cosa: diventare vecchio.Ecco, adesso ci sono. Finalmente vecchi. Come spesso ci accade, sbagliavo obiettivo, credevo di dover inseguire a tutti i costi l'età giovane e invece il desiderio remava nella direzione opposta. Forse era questa la piattaforma di tutti i disagi. Un tuffo nella vecchiaia e ci lasciamo il mondo alle spalle, come quando eravamo ragazzi.
Paolo Sorrentino, Hanno tutti ragione, Feltrinelli 2010