Scrivere e leggere un Romanzo Postmoderno

Creato il 18 novembre 2012 da Sulromanzo

Parliamo ancora di romanzi. Anzi di narrativa Postmoderna. La nostra rubrica volge verso la conclusione e speriamo di non avervi tediato troppo. Alla fine dell’ultimo appuntamento c’eravamo lasciati con un debito nei confronti dei nostri lettori e con la promessa di saldarlo; chiarire, attraverso degli esempi letterari, quali siano gli strumenti narrativi utilizzati nel Romanzo Postmoderno. A questo aggiungeremo una riflessione sull’atto di scrivere un romanzo postmoderno e su quello di leggerlo.

Ogni genere letterario e ogni corrente, tendenza, movimento artistico utilizza delle tecniche particolari; tecniche che lo connotano e contraddistinguono, almeno in linea generale. L’arte che chiamiamo Postmoderna e la narrativa, a cui attacchiamo la stessa etichetta, chiaramente non fanno distinzione. Il criterio che sta alla base è stato più volte chiarito, ma non ci stanchiamo di ripeterci; la pretesa dell’arte di riprodurre la realtà, così come quella di rinnovarsi all’infinito, sono pretese vane e fallimentari. A questo punto possiamo proseguire. Ci occuperemo quindi di quelle tecniche e strategie che mettono volutamente in luce la fictionability del testo. Fiction è il termine anglossassone utilizzato per indicare, non tanto il romanzo, quanto piuttosto il testo narrativo in generale. La fictionability, per quanto di difficile traduzione, è dunque la narratività del testo; si riferisce alle condizioni attraverso cui un testo può essere narrato, mediato, costruito. Concentrarsi sulla fictionability significa per un testo esporre la propria artificialità, la propria natura di manufatto estetico, i propri trucchi e meccanismi interni. L’architettura postmoderna per fare un utile parallelismo, mette volutamente in mostra l’impalcatura, il metallo, il telaio dell’edificio, le travi, le architravi che normalmente andrebbero nascoste - tipico l’esempio del Centre Pompidou di Parigi. L’edificio si pone nel doppio ruolo di edificio e di manuale di architettura. In letteratura vengono usati strumenti simili.

Primo su tutti la metanarratività. Roman Jakobson aveva parlato di funzione metalinguistica del linguaggio; quando cioè il linguaggio viene utilizzato per parlare del linguaggio stesso e delle sue regole (per esempio nelle grammatiche). In maniera simile un uso metanarrativo del racconto permette di raccontare una storia e allo stesso tempo di indurre il lettore a riflettere su come quella storia sia raccontata, di renderlo cosciente del fatto che una storia è una storia e non c’è nulla di reale in essa; c’è sempre qualcuno che la racconta, che dispone gli elementi, che sceglie cosa va narrato e cosa va invece escluso. Tutto ciò che normalmente è implicito e ben nascosto diventa così esplicito e apertamente manifesto. Il narratore si lascia cogliere, ironicamente, in flagrante mentre svolge la sua funzione di narratore. Nel racconto di John Barth Perso nella casa stregata per esempio, l’autore dialoga con il lettore, sottolinea i momenti di passaggio, evidenzia i punti poco chiari della trama, si chiama in causa, dichiara le sue scelte di scrittore, critica le azioni dei personaggi. In questo modo proprio dall’assenza di plot vengono fuori una trama e una riflessione profonde. Lettore e scrittore sono entrambi “persi nella casa stregata” che è la letteratura, entrambi sapevano dall’inizio che si sarebbero perduti, sapevano che era stregata, e, con una certa complicità, hanno corso il rischio di addentrarvisi.

È chiaro quindi come il ricorso alla metanarratività conduca verso un tipo di lettura su più livelli. Linda Hutcheon riprende in letteratura il concetto di double-coding che Charles Jencks aveva elaborato in architettura; il testo Postmoderno è un testo inclusivo, non opera un aut-aut ma un et-et. In questo modo il testo si propone come elemento complesso, percorribile su più piani e in più direzioni; può essere allo stesso tempo racconto e strumento di critica all’arte del racconto.

Possiamo pertanto parlare di ipertestualità quando un singolo testo narrativo assolve a più compiti e a più funzioni, creando una serie di collegamenti esterni e di intertestualità quando il testo narrativo sfrutta le possibilità del racconto di essere inclusivo per dare vita a un gioco di rimandi e richiami artistico-letterari. Più testi, più generi, più racconti confluiscono all’interno di uno stesso racconto. La letteratura, avendo scoperto di non potersi rinnovare, di non poter trovare più nulla di nuovo, ripercorre se stessa in un gioco intellettualmente vivo e sofisticato. Prendiamo Se una notte di inverno un viaggiatore. Il problema dell’impossibilità di raccontare una storia è risolto attraverso il ricorso a dieci diversi incipit che, presi dai vari generi letterari, ripercorrono, in certo senso, l’intera storia del romanzo.

È sempre il carattere inclusivo della narrativa postmoderna che facilita l’uso del pastiche narrativo. Scrivere un romanzo Postmoderno significa non solo giocare con le citazioni e i richiami ma anche mescolare gli stili, i codici, i registri linguistici. Mettere insieme linguaggi tecnici e scientifici con le vulgate dialettali. Ci viene subito in mente il Pasticciaccio di Gadda, ma ancor di più L’arcobaleno della gravità del maestro Thomas Pynchon, il quale mette insieme un inglese aulico e narrativamente ineccepibile con un ostico linguaggio scientifico, il modello della trattazione storica con le canzonette oscene degli anni Trenta. O, ancora più estrema, la tecnica del cut-up di William Burroughs – ritagliare frasi e spezzoni di giornale per poi riattaccarli quasi a caso tra loro.

Ma l’elemento, ci verrebbe da dire nuovo, che viene fuori da questo discorso sembra essere il lettore, divenuto sempre più consapevole e inserito in un rapporto sempre più inter pares con lo scrittore. Al lettore è ormai richiesto un grandissimo sforzo di interpretazione, organizzato su più livelli: a un primo livello, generale, il lettore è chiamato a seguire una storia; a un secondo livello, più complesso, è indotto a riflettere sugli strumenti e i meccanismi attraverso cui la storia è narrata; a un terzo livello, molto più complesso, è chiamato a riflettere sulla possibilità e sul senso di raccontare ancora delle storie, in un mondo in cui la letteratura sembra aver perso il posto e il suo ruolo.

Il fruitore, il destinatario, il termine ultimo della narrazione diventano, nella narrativa postmoderna, elementi centrali, non più passivi, ma attivi e partecipi. La narrativa postmoderna ruota attorno ai dubbi del lettore, alle scelte che egli è chiamato a fare. La lettura di un romanzo postmoderno comporta un atteggiamento paranoico di fondo, una paura di sbagliare e di cadere rovinosamente. In questo senso va interpretato il concetto di sfida di cui parla Susan Sontag. Una sfida che spinge chi legge alla vigilanza, alla consapevolezza, alla maturità e alla maturazione interiore. Questo perché, come sostiene Brian McHale, la letteratura postmoderna ha smesso di essere una letteratura «epistemologica» – che spiega e svela il senso delle cose – per diventare letteratura «ontologica» - ovvero capace di creare da sola il proprio mondo e il proprio significato.

È facile, a questo punto, dare un senso alle parole di Roland Barthes quando parla, nella letteratura contemporanea, di «morte dello scrittore e nascita del lettore». Il critico francese entra nel vivo del dibattito e dei problemi della letteratura contemporanea, portando alla luce la necessità di una riconfigurazione del rapporto tra l’autore e il suo pubblico. Diventa indispensabile, in una società in cui i significati sembrano disperdersi, seguendo il modello rizomatico di Gilles Deleuze e in cui la letteratura fatica e rinuncia a tenere il passo, che il lettore e lo scrittore collaborino l’uno con l’altro, che si fidino l’uno dell’altro, che riconoscano l’uno il valore dell’altro. È così che la narrativa potrà resistere alla sua scomparsa e mantenere il ruolo fondamentale che svolge all’interno della società.   

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