Scrivere è Non scrivere

Da Andreapomella

Quando osservo un oggetto, una bottiglia, un telefono, un portapenne, la mia vista mette a fuoco la forma di quell’oggetto, i dettagli, il colore, l’ampiezza, i riflessi, la luce. Tutto ciò che vede il mio occhio è dentro a quell’oggetto. Quell’oggetto però occupa uno spazio, e quello spazio è a sua volta popolato da una miriade di altri oggetti, cose che sfuggono in quel preciso istante al mio occhio, ma che non sfuggono alla mia mente. L’occhio vede solo una porzione infinitesimale dell’universo, la mente vede tutto nello stesso istante. Si potrebbe dire che leggere un romanzo equivale a fissare un oggetto nello spazio. Un romanzo è una nebulosa plasmatica con al centro una forma perfettamente identificabile. Eppure ciò che ci fa innamorare di un romanzo non è tanto la contemplazione di quella forma, ma è ciò che gli sta intorno, quelle cose che chiamiamo “atmosfera”, “clima”, “tonalità”, ossia le frasi non scritte. Un romanzo è composto da un numero limitato di parole, quelle parole servono a descrivere personaggi, ambientazioni, dialoghi, servono a far progredire le storie e a concluderle in modo edificante. Il bravo romanziere non è tanto colui che sceglie le parole adeguate per narrare una determinata storia, il bravo romanziere è un maestro dell’omissione. Il segreto di un grande romanzo sta nelle frasi che non sono state scritte, nelle parole che non troveremo mai neppure sfogliando cento volte lo stesso testo, parole che pure saremmo pronti a scommettere di aver letto da qualche parte. Scrivere è Non scrivere.


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