Scrivere è sentire le risate alle nostre spalle

Da Marcofre

In maniera ciclica certi argomenti tornano a farsi sentire (o leggere?). Uno fra tutti è quello a proposito delle scuole di scrittura.
Da una parte c’è chi afferma che sono delle istituzioni spenna-polli. Il talento non si può insegnare: o ce l’hai, oppure no.
Vero.

Dall’altra, alcuni dichiarano che la scrittura è anche una faccenda che può essere insegnata. Alla base ci deve essere il talento (in quantità industriali), ma questo deve essere indirizzato nella giusta direzione, o non va da nessuna parte. In fondo, Michelangelo era un genio ma pure lui frequentò la bottega del Ghirlandaio.
Anche questo è vero.

Due affermazioni in contrasto e io che le condivido entrambe: forse c’è qualcosa che non va? Il talento non ce l’hanno tutti: spiacente ma è così. E per riuscire a produrre qualcosa di passabile è indispensabile, necessario e obbligatorio imparare un paio di cosette.
A leggere e a scrivere.

No, non cominciamo a rumoreggiare(*) che tutti sanno leggere e scrivere. NO. È falso.
Buona parte della scuola insegna a scorrere lo sguardo su dei fogli di carta, e a redigere dei temi. Costruire un racconto, o un romanzo, non significa affatto mettere su carta delle frasi di senso compiuto o corrette.

Ai miei tempi c’era la materia chiamata “Educazione artistica” (ci sarà ancora? Boh!). Se però volevi fare sul serio, dopo la scuola dell’obbligo dovevi iscriverti al Liceo Artistico, dove avresti ricevuto tutto il necessario per comprendere l’arte, e i suoi aspetti pratici.

Non capisco perché sia considerato “naturale” frequentare degli istituti appositi imparare a dipingere sul serio, mentre se si va a una scuola di scrittura si sbaglia tutto. Dipende dagli scopi che questa scuola si prefigge.

Penso che l’atteggiamento che spinge a dire “No” alle scuole di scrittura nasca anche dalla volontà di promuovere il dilettantismo. Sotto sotto, c’è l’idea del: “Ma che ci vorrà a scrivere un romanzo?”.
Parecchio, sul serio. Non ho esperienza di romanzi, ma posso garantire che molta gente si avvicina alla scrittura senza rendersi conto della posta in gioco. Non ha uno scopo, tranne quello di “scrivere”.

Che vuol dire tutto e niente.
Di solito queste persone non leggono, e questo già è grave. Come spesso cerco di spiegare, non è sufficiente leggere, ma occorre re-imparare a leggere in maniera del tutto nuova, e diversa rispetto a quello che ci è stato insegnato a scuola.

Una scuola di scrittura seria, dovrebbe impiegare del tempo per insegnare ai suoi allievi a leggere. E a scrivere. Senza alcuna fretta, si scoprirà che la parola racchiude una forza, una capacità di scandagliare il mondo, sorprendenti.

Superfluo aggiungere che questo NON garantisce nulla. Qualunque persona con un po’ di sale in zucca sa bene che il settore dell’editoria di solito premia chi non dovrebbe premiare e via di questo passo.

Ma allora fare da soli è un errore? No. Ciascuno faccia quello che desidera. L’essenziale è arrivare a comprendere che cosa sia la parola. La sua forza. Qualcuno approda a questa verità frequentando una scuola di scrittura. Altri leggendo, “smontando” il racconto o il romanzo.
Il primo passo che ci rivela se ci stiamo muovendo nella giusta direzione dovrebbe essere quello che ci fa percepire come una realtà tangibile, la difficoltà della scrittura.

È qualcosa di molto concreto, che si può “sentire”, e fa paura, percorre le vene come una scossa elettrica.
Più o meno è come se d’un tratto fossimo condotti sulle rive di un fiume largo sei chilometri. Il nostro compito? Una bazzecola: costruire un ponte a una sola campata che le colleghi entrambe. Ah, la zona è sismica e viene spesso visitata dai tifoni. Tanti, tanti auguri. Dietro le nostre spalle si sentono già le risate.

Le sentite voi? Le sentite?

(*) Come sempre mi piace ricordare che rumoreggiare è la parola che ho adottato. La Dante spiega lo scopo di questa iniziativa.


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