La Parola era presso Dio, significava la Parola di Dio, la Parola che era Creazione.
Ma, nel corso di secoli di cultura umana, la parola ha acquisito altri significati, tanto secolari che religiosi.
Avere la parola è divenuto sinonimo di autorità suprema, di prestigio, di potere di persuasione enorme e talvolta pericoloso, di facoltà di apparire nella fascia oraria di massimo ascolto o in un talk show televisivo, di dono dell'eloquenza o delle lingue.
La parola vola attraverso lo spazio, rimbalzata dai satelliti, più vicina di quanto lo sia mai stata a quel cielo dal quale si credeva provenisse.
Ma la sua trasformazione più significativa, per me e per quelli come me, è accaduta molto tempo fa, quando venne incisa per la prima volta su una tavoletta di pietra o tracciata su un papiro, quando si materializzò passando da suono a rappresentazione, dall'essere udita all'essere letta come una serie di segni e poi come uno scritto; e viaggiò attraverso il tempo dalla pergamena a Gutemberg.
Perchè è questa la genesi dello scrittore, o della scrittrice: è la storia che lo ha scritto, facendolo essere. [...]
Noi scrittori passiamo la vita a cercare di interpretare attraverso la parola le tracce che cogliamo nelle società, nel mondo di cui siamo parte.
E' in questo senso, nel senso di questa inestricabile, ineffabile partecipazione, che scrivere è sempre e contemporaneamente un'esplorazione di sè e del mondo; dell'essere individuale e dell'essere collettivo.
Essere qui."
(Nadine Gordimer - frammento tratto dal discorso pronunciato nel 1991 in occasione dell'accettazione del Premio Nobel)