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Scrivere il romanzo che è in te: godere dei piccoli passi

Da Sulromanzo
Scrivere il romanzo che è in te: godere dei piccoli passiDi Morgan Palmas
Passo passo si arriva al risultato
Lunedì scorso vi avevo parlato del gruppo americano che frequentai per alcuni mesi. Ero il più giovane e nonostante il mio inglese non fosse ancora maturo tutti mi facevano sentire come un figlio (eccetto una persona di una trentina d’anni, gli altri potevano essere miei genitori per l’età, dai quarantacinque circa in avanti). Ero il più giovane e il più ingenuo: vulcanico, intraprendente, spensierato e non ero quasi mai contento di ciò che scrivevo, mi ponevo obiettivi alti e ambiziosi, in termini di qualità – quanto io ritenevo corrispondere a qualità – e di numero di cartelle settimanali. Superbo nella mia interiorità. Ricordo che taluni mi dicevano cose carine, quasi a coccolarmi, io ringraziavo educatamente ma dentro pensavo: ‘Ma vedi questi, stanno qui a scrivere senza mete, si accontentano di poco, che sfigati’. Chiaro che lo sfigato ero invece io, non avevo compreso ancora nulla della pratica della scrittura, della pratica continua della scrittura.
Perché uno dei primi elementi da comprendere quando si decide di scrivere è la capacità di godere dei piccoli passi, come quando di fronte a 5000 pezzi di un puzzle si sistema il primo davanti, sì, ne mancano 4999, ma uno è lì, pronto, e sprona la volontà. 
Perché Geraldine ed io abbiamo pensato a un percorso di scrittura lungo un anno intero? Perché fa parte dell’umana specie tentennare e sbagliare, un anno è un periodo ragionevole per inciampare senza danni, poi è il gruppo che dovrebbe rimettere i membri sulla retta via. E ognuno dedicare alla propria volontà la giusta considerazione. 
Ricordo che dopo un paio di mesi circa confidai alla signora che m’aveva invitato a partecipare che non riuscivo a progredire come avrei desiderato. Lei, atarassica da sembrarmi algida, mi spiegò che numerosi anni prima aveva vissuto un’esperienza simile e mi fece capire che non dovevo avere fretta, che non dovevo perdermi a sognare, ma che l’unico pensiero sul quale concentrarsi doveva essere quel momento domenicale, cercare di rimanere coinvolto con positività per la scrittura di gruppo. Nient’altro. Su dieci pensieri nove dedicati alla scrittura concreta, quindi, lasciare perdere sogni di gloria, inclusi premi prestigiosi e migliaia di copie vendute, rimanere fissi sull’azione da compiere: scrivere. L’unico pensiero dei dieci rimasto sarebbe stato dedicato a quale dolce o bevanda portare la domenica sera, e si rideva. Sosteneva tale idea con una naturalezza che non comprendevo allora, o forse non accettavo. Mi dicevo: ‘Come si può non sognare?’, ’Come è possibile focalizzare l’attenzione sulla scrittura?’, mi sembrava impossibile non farsi traviare da quesiti simili. 
A distanza di tempo ho riconosciuto l’importante lezione ricevuta da quel gruppo. Inutile raccontarsi panzane, se il tempo libero in una settimana è tre ore, ha senso porsi l’obiettivo di quindici cartelle? Certamente no. Di necessità virtù, perciò provare a comprendere quanto ragionevolmente sia sensato uno scopo minimo in sette giorni. Due cartelle, tre, quattro, cinque, dipende dalla situazione. E sapere che la chiave più nevralgica giace nella continuità dei piccoli passi, sarebbe sbagliato valutare le azioni soltanto in base al risultato finale, cioè il manoscritto completo, meglio segmentare il percorso, e premiarsi (interiormente o con piccoli e semplici regali) già durante il percorso stesso. 
Un esempio: considerate l’obiettivo di tre cartelle settimanali possibile nella vostra vita? Vi sembrano tante 3 cartelle? Ora moltiplicate 3 per le 52 settimane in un anno, risultato 156, vi rendete conto? Ci sono tantissime persone con 20 40 o 60 cartelle dopo anni e con un piccolo passo e continuo dopo dodici mesi 156 cartelle. I piccoli passi sono la soluzione vera da imparare quanto prima, mai scoraggiarsi di fronte all’impegno ancora troppo difficile da osservare nella sua interezza.Ricevo spesso tante mail che descrivono problemi simili nella scrittura, partire dalle cose ovvie è un modo per non sentirsi soli.
“I nostri atti agiscono su di noi così come noi agiamo su di essi”George Eliot

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