L'idea di questo post è nata da un commento di Lisa Agosti, che si chiedeva se, dopo tanto parlare di errori nella scrittura, non fosse il caso di guardare anche al positivo, ovvero alle cose imparate nel tempo scrivendo.
In realtà, ho avuto qualche dubbio se scrivere questo post, chiedendomi se non sarebbe suonato un tantino presuntuoso da parte mia. E poi ho davvero imparato queste cose o mi illudo solo di averlo fatto? Ho comunque deciso di correre questi rischi e di provare a fare un elenco delle cose su cui ho sbattuto la testa in questi ultimi anni e che (forse) alla fine ho fatto mie.
Uno stile semplice
Negli ultimi dieci anni ho semplificato molto il mio stile di scrittura, alleggerendolo e puntando a renderlo più scorrevole. L'obiettivo in realtà è nato nell'ambito del mio apprendistato giornalistico, dove ho sempre avuto ottimi insegnanti, che mi hanno spinto verso una prosa più fluida e accessibile a tutti. Ricordo in particolare una persona, quando facevo uno stage in un quotidiano, che parlava spesso dell'importanza di conciliare semplicità e complessità quando si scrive.
Non so perché, ma spesso si è portati a credere che un discorso impegnativo meriti uno stile complesso e contorto, ma la verità è che se ci esprimiamo in modo chiaro e immediato, anche il contenuto ne guadagna. Non è vero che una prosa semplice non possa essere anche profonda, ricca e variegata. Ciò è tanto più vero nella narrativa, dove è importante essere scorrevoli e farsi leggere con piacere.
Dare importanza alla trama
Al centro dei miei tanti tentativi di scrittura del passato ho sempre posto i personaggi. La tendenza ha da poco cominciato a invertirsi, quando ho capito che a chi legge interessa molto di più la storia vera e propria. Rifletteteci un attimo, come lettori: leggete romanzi per i protagonisti o per ciò che accade loro? Per come sono fatti o per come reagiscono e agiscono? Per quanto complessi e accattivanti possano essere i personaggi, è sempre la trama l'elemento che tiene incollati alla pagina.
Ho imparato questa lezione da poco tempo, mentre mi dannavo a riscrivere uno dei miei romanzi, e soprattutto ho capito una cosa: mi piace scrivere trame complicate, con elementi che si intrecciando uno con l'altro, la linearità mi annoia. D'altra parte è questo anche quello che voglio trovare nei libri che leggo. Dunque, mi sono riproposta in futuro di impegnarmi il più possibile su questo fronte.
Mettersi nei panni altrui
Chiunque ami scrivere è portato all'inizio a inserire se stesso nella storia. Non parlo tanto di scrivere un'autobiografia, quando dell'abitudine che hanno tutti gli scrittori in erba di creare protagonisti a propria somiglianza. Per fortuna con il tempo mi sono allontanata da questa tendenza e ho cominciato ad apprezzare il mettermi nei panni altrui, ovvero provare a identificarmi con personaggi molto lontani da me, come personalità e stile di vita, sviscerando e approfondendone la psicologia. Visto che sono parecchio empatica, non mi riesce tanto male. Anzi, la trovo un'esperienza esaltante, forse una delle più stimolanti della scrittura.
Valorizzare le descrizioni soggettive
Anche questa è una cosa compresa da pochissimo tempo. Una qualunque scena può beneficiare molto di descrizioni (ambientali, sensoriali, fisiche, ecc.), a condizione che queste vengano sempre filtrate dagli occhi di chi guarda, ovvero dal punto di vista. In passato tendevo a ridurre al minimo le descrizioni, giudicandole noiose. Eppure, raccontare i dettagli ha il pregio di portare dentro la scena chi legge, dunque è un aspetto di un certo peso nel creare una realtà.
Privilegiare il soggettivo all'oggettivo significa usare particolari che noterebbe il punto di vista e non io autore. In questo senso, cerco sempre di usare l'immaginazione prima di scrivere la scena, provando a dipingerla nella mia mente come se fossi il personaggio. Non è una cosa facile, ma spero con la pratica di migliorare.
Ascoltare l'istinto
Sono arrivata alla conclusione che l'intuito conti moltissimo quando si scrive. Quando una certa svolta nella trama "ti suona male", ti appare forzata o banale, è perché lo è. Il fiuto te lo dice, e va ascoltato. Penso di aver capito (il dubbio è d'obbligo...) che scrivere una storia non significhi solo mettersi a tavolino a ideare la trama, i personaggi, ecc. C'è un'importante componente del lavoro che viene fatto a un livello più inconscio. Questo per me si traduce spesso nell'aspettare semplicemente che la soluzione giusta affiori, senza che io la decida a priori.
Il corollario dell'ascoltare l'istinto è l'ultimo punto di questo elenco...
Non avere fretta
La lezione più importante appresa negli ultimi anni è che un romanzo ha bisogno di un certo tempo per maturare. Vero è anche che io sono lenta a scrivere e poco produttiva rispetto a molte persone che sfornano parole, storie, racconti e romanzi. Però, non lo vedo più come un difetto. Trascorrere tanto tempo a modificare, limare o cercare la parola giusta, può sembrare una perdita di tempo agli occhi di chi vuole subito pubblicare, ma non credo che così facendo si ottengano buoni risultati. O per lo meno, scrivere un romanzo in tre mesi non fa per me.
E ora mi piacerebbe conoscere il vostro punto di vista, sono sicura che avete imparato molto anche voi strada facendo. Insomma, basta con le auto-flagellazioni, ditemi in cosa riuscite meglio!