Mi sto specializzando a scrivere senza guardare.
Come dici? Come dici lo dice sempre Tonio Cartonio?
Acci pigna! Qui dev’esserci lo zampino di Strega Salamanda o di Strega Varana.
“Brohw brohw brohw!” taci un po’ radioGufo, queste son questioni serie.
L’emozione che puoi provare a scrivere senza guardare non è nulla rispetto al parlare grattandosi un pollice. Le nostre capacità: sono discorsi che dovremmo affrontare ogni giorno.
Non sempre ci si può incontrare e parlare di “cosa hai fatto oggi?”, sarebbe come parlare di niente. Vivi alla giornata, dicono, ma le gironate finisco la sera, quindi la sera smetti di vivere. L’indomani, lo stesso. Incontri qualcuno a cui racconti delle tue giornate, questo qualcuno annuisce con semi-interesse, gli passi la palla, i ruoli si inverto, e adesso sei tu l’ascoltatrice della giornata di qualcun altro. Approvi, fino al punto.
«Ma come facciamo a capire che il nostro interlocutore ha messo un punto nel discorso orale se il punto non esiste?»
Pausa! Ma le pause sono gusti. A molti non piacciono, e cercano in tutti i modi di evitarli, corrono, scappano, accellerano, ti costringono a sentirti il vigile della situazione.
In questi casi non c’è niente di meno produttivo. Il discorso diventa una continua riproduzione di parole a vanvera.
Le giornate diventano infiniti discorsi, privi di pausa – pranzo o studio che sia – e senso.
Ho imparato così a scrivere senza guardare, guardare senza parlare e – solo sul blog! – a parlare senza fermarmi.
Come dici? Questo sì che è interessante?
Allora per oggi non ve la racconto la mia giornata dai.