Scrutinio, dal latino scrutinium, azione di esaminare dal verbo scrutari, ossia ricercare rovistando, frugare. Frugare è il verbo che più mi soddisfa: lo scrutatore altro non fa che frugare tra le identità altrui, ha il diritto di vedere dove abitate, quanti anni avete, di che colore avete occhi e capelli secondo l’anagrafe (non sempre corrisponde a realtà), dove siete nati, se avete votato ultimamente. Ma non finisce qui, cari elettori. Lo scrutatore ha lunghi momenti di inattività e allora, terminate le chiacchiere di circostanza con gli sconosciuti colleghi, non ha altro passatempo che leggere le liste elettorali e scovare parentele tra omonimi. Non vi stupite, Signor Mora, se qualche indiscreto e perfido scrutatore vi dirà con occhio disincantato “Che amabile nonnino, suo padre. E’ venuto stamattina, accompagnato dalla badante. Gran bella donna. E che persona di fiducia deve essere. Pensi che suo padre, al momento di entrare nell’urna, le ha consegnato tutto, documenti e borsellino.” E no, non si sfugge all’occhio dello scrutatore, la vostra unica speranza di privacy è legata alla coda al seggio, ma di questi tempi dovrete attendere a lungo per trovare un attimo di intasamento. E in ogni caso, pure se rimarrete immobili all’esterno del seggio, lo scrutatore attiverà la terribile violenza psicologica dello sguardo fisso. Non potrete dire cazzo hai da guardare, perché lui è lo scrutatore e ha il diritto di osservare cosa succede. Mettiamo pure che voi siate di ghiaccio, lo sguardo scrutante non vi turba affatto, ma lui potrà sempre dirvi “Prego!” e allora voi sarete fottuti. Non direte “si, si, attendo un pò di fila e arrivo”, ma entrerete mogi e consegnerete i vostri connotati al designato dal comune.
Scrutinium in latino medievale significava pure perquisizione. Tranquilli, nessuno vi infilerà le mani nel Montgomery. Piuttosto, lette le sanzioni per chi entra al seggio con telefono o macchina fotografica, sarete voi a vedere nel messo comunale un temuto questurino e consegnare nelle sue mani smartphone e affini. Probabilmente questi vi dirà di proseguire senza farvi troppi problemi, ma il curiosone potrà assecondare la vostra offerta di legalità e separarvi dal prezioso gingillo. Narra la leggenda che un elettore, espletato il dovere civico, estraendo il telefono per avvisare la madre di buttare giù la pasta, si sia ritrovato sullo schermo dello smartphone l’involontario autoscatto di una non giovanissima scrutatrice, probabilmente poco avvezza alla nuova tecnologia, ma molto propensa all’analisi delle relazioni altrui.
Ma anche su di voi, cari elettori ce ne sarebbero tante da dire. L’oscar va al votante in cerca di protagonismo, quello che si reca al seggio alle 15 meno 2. Vi capisco. Un voto su quaranta milione significa poco, ma vuoi mettere essere l’ultimo dei quaranta milioni. C’è chi poi non sa chiudere la scheda e chiede aiuto allo scrutatore, retaggio di tempi andati quando in quinta elementare rimaneva un solo alunno a non sapersi allacciare le scarpe da solo. Un cenno lo merita chi chiede consigli o si presenta senza nemmeno sapere come si vota. Il problema non è come e chi votare, ma il perché lei può votare.
Torniamo all’impari lotta scrutatore-elettore e chiudiamo col punto della bandiera. C’è chi non si arrende allo strapotere avversario e utilizza il segreto dell’urna per vendicarsi dell’impiccione scrutatore. “Scemo chi legge”. Un voto sacrificato all’altare della privacy.