Adesso penserai che mi sto dando la zappa sui piedi. Che è ora di piantarla con questa modestia che definire eccessiva è poco. E che occorre alzare un po’ la testa, che diamine. Perché se qui non lo facciamo noi, di darci qualche pacca sulle spalle, non lo farà mai nessuno.
Niente di tutto questo.
Sul serio.
Non amare l’aria. Ma le persone
Hai notato? Quando sta per uscire il romanzo di un autore importante, dappertutto è un giubilare di “letteratura”.
“Se ami la letteratura, amerai questo romanzo.”
“Il romanzo che riporta la letteratura a livelli sublimi.”
“La letteratura, ringrazia.”
E un simpatico, schietto, irriverente
“Chi se ne frega!”
non ce lo vogliamo mettere? Magari se non entra, proviamo tutti quanti a spingere.
Al mio tre:
Un, due e treeeee!!!!
Ecco.
Ci sta benissimo.
Che cos’è la letteratura? Un’etichetta. Nella società mercantile che viviamo, abbiamo bisogno di etichette per non perderci.
Cibo per cani
Igiene personale
Giochi e prima infanzia
Letteratura
Musica, film e tv
Auto e moto
E siccome noi sotto sotto, anche se non vogliamo dircelo perché non è né bello, né carino, siamo prodotti e abbiamo una nostra etichetta (o meglio: vorremmo averla, e vorremmo essere un prodotto che si vende come il pane), ci sentiamo a posto.
A casa.
Io non amo la letteratura.
Ciccia! Colesterolo! Intestino crasso!
Semmai amo Tolstoj, Dickens, Zola, Silone. Ciccia.
Certo, una volta erano ciccia, adesso mi devo accontentare di foto, o filmati. Erano ciccia che parla ancora adesso a ciccia e colesterolo.
Al giorno d’oggi, del tutto misteriosamente, dire che è uscito un romanzo di… (qui metti il nome del tuo autore preferito, vivente), sembra che sia troppo poco.
Offriamogli la S.S. (la Sacra Stampella): diciamo che è letteratura!
Non è mai letteratura. È vita, oppure è zero.
Ah! Lo so cosa pensi!
“Lana caprina! Questa è pura lana caprina!“
A parte il fatto che ogni tanto serve pure quella. Ma per un attimo facciamo finta che sia lana caprina. Adesso spiega un po’ che cos’è la letteratura. E ce lo facciamo dire dalla Treccani:
“In origine, l’arte di leggere e scrivere; poi, la conoscenza di ciò che è stato affidato alla scrittura, quindi in genere cultura, dottrina. Oggi s’intende comunem. per letteratura l’insieme delle opere affidate alla scrittura, che si propongano fini estetici, o, pur non proponendoseli, li raggiungano comunque; e con sign. più astratto, l’attività intellettuale volta allo studio o all’analisi di tali opere“.
A te piace questo, o “La schiena di Parker” di Flannery O’Connor? Ami questa definizione, oppure “Cattedrale” di Raymond Carver?
Il punto è che le storie scritte sembrano talmente deboli nel mondo d’oggi, che se non proviamo a rinforzarle con la prodigiosa vitamina “Letteratura”, la gente nemmeno se ne accorge. E qui bisognerebbe iniziare a chiedersi come mai le storie hanno perso così tanto terreno da essere in affanno e aver bisogno di soccorso.
Prima di diventare letteratura, sono già investite di letteratura.
Io racconto storie (o almeno ci provo)
Io, cerco di raccontare storie. Vita. Non letteratura. Mi dirai che sono sciocchezze. Che è così che funziona, è una convenzione e quindi questo discorso non ha né capo, né coda.
Non solo ha un capo e una coda, ma nel mezzo ha tutto il necessario per fare la sua bella figura al ballo della Croce Rossa nel Principato di Monaco.
L’ho detto prima che abbiamo bisogno di etichette. Che viviamo in una società che non può vivere senza. Mi sta persino bene, ecco: accetto “letteratura”, contento?
Però se ami la letteratura, non leggere i miei racconti.
Perché io provo a raccontare storie. Non faccio letteratura, e nemmeno mi interessa.
Se succede, è a mia insaputa. Magari tra 100 anni (e qui siamo nella fantascienza più sfrenata), qualcuno dirà:
“Eh. ‘Sto Marco Freccero ci sapeva fare! Le sue storie sono Letteratura D.O.C.G., da leccarsi i baffi!“