Questo è certo, non vorrei ritrovarmi nei panni di chi prima o poi (più prima che poi) sarà costretto a scegliere. Però questa domanda è anche mia, visto che considero le biblioteche pubbliche una buona cartina tornasole di un paese: e allora, domando, come è che ci siamo ridotti in questo modo?
Era ovvio, con le scuole, con le librerie, con i teatri che vivono come vivono, anche per le biblioteche sono tempi bui.
Nei giorni scorsi la situazione è stata dipinta con grande efficacia da Michele Smargiassi, in un'inchiesta - Se le biblioteche restano senza libri - pubblicata su Repubblica. Ed è così che va: mentre gli utenti delle biblioteche crescono - mentre, insomma, c'è più bisogno di biblioteche - si va sempre più pesanti con i tagli (l'Aib, Associazione Italiana Biblioteche stima una riduzione dei bilanci tra il 15 e il 35% solo per il 2011).
E tra le prime conseguenze c'è propria questa: alle biblioteche non arriveranno più le novità. Che è come chiudere un rubinetto. All'inizio magari nessuno se ne accorge, ma poi l'acqua manca e la siccità comincia a farsi sentire.
Brutta notizia per gli editori, ma in realtà per tutti noi. Brutta per questo paese, che con troppa facilità è pronto a considerare la cultura un'optional.
E dunque, sottoscrivo quanto ha dichiarato Mauro Guerrini, presidente dell'Aib:
Stiamo rischiando grosso, non è solo un problema di aggiornamento culturale, ma di democrazia. Le biblioteche sono i luoghi della socialità, dell'integrazione, della redistribuzione del sapere
Sottoscrivo e confido in buone nuove. C'è chi propone sponsor e donazioni private. C'è chi si spinge a immaginari libri che potranno essere dati in prestito con un segnalibro con su scritto "stai leggendo questo libro grazie a..."
Un'idea, certo. Però la domanda è sempre quella: perché ci siamo ridotti così?
Ci vorrebbe un sussulto. Un coro di no. Una convinzione gridata: le biblioteche - soprattutto le biblioteche di quartiere, le biblioteche di periferia, le biblioteche di paese - sono carne viva. Sono presidio di civiltà. Non valgono più di qualche spot sulla bellezza della lettura?