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Se bastasse una bella petizione a salvare la circumvesuviana

Creato il 31 marzo 2012 da Ciro_pastore
SE BASTASSE UNA BELLA PETIZIONE A SALVARE LA CIRCUMVESUVIANADopo anni di sbando, qualcuno vorrebbe risolvere il problema TPL con una ridicola petizioneSE BASTASSE UNA BELLA PETIZIONE A SALVARE LA CIRCUMVESUVIANACi vogliono azioni decise e rivoluzionarie che modifichino profondamente il modello di business
Se bastasse una bella petizione
a salvare la Circum
si potrebbe firmarla un milione
un milione di volte
bastasse già
bastasse già

(liberamente ispirata a:Eros Ramazzotti – Se bastasse una bella canzone http://www.youtube.com/watch?v=rDOAP0Ny9a4 )
Eccoci qua, ora ne abbiamo la conferma: siamo proprio arrivati al capolinea. Solo la petizione ci mancava per completare il quadro della disfatta. Petizione è sinonimo di supplica. Si arriva a supplicare qualcuno solo quando si pensa che non si abbia più alcuna possibilità di risolvere una situazione disperata. E che la situazione sia disperata non c’è dubbio alcuno. Quindi, voi mi direte, se siamo disperati che male c’è a supplicare? Forse niente, eppure anche questa che sembra essere la nostra ultima spes, mi fa avvertire puzza di bruciato.
Questa petizione/supplica sembra più il disperato tentativo di coinvolgere (quando è troppo tardi) i cittadini/clienti in una patetica pantomima che li ha visti sempre emarginati nel passato. I clienti (quelli che altri considerano solo utenti, in fondo) sono le principali vittime di un sistema che ha come responsabili politici, manager, sindacalisti e lavoratori. Sì anche i lavoratori, quelli che ora tentano la disperata e patetica carta di chiamare a raccolta i cittadini per usarli strumentalmente. Ma quando mai i lavoratori di queste aziende hanno tenuto in considerazione le aspettative, i bisogni, le necessità e, soprattutto, i diritti dei clienti? La clientela per le aziende (e per gli stessi lavoratori) è stata sempre una cosa superflua, in qualche caso addirittura un fastidio. Ma sì diciamocela tutta, questi clienti che gran rompiscatole. In fondo, quale era la reale mission del TPL? Fare andare treni ed autobus avanti e indietro, su e giù (vuoti o pieni, che importa) per coprire i km assegnati a ciascuna azienda con logiche spartitorie e senza alcun reale riferimento alle realtà territoriali, che pure esse avrebbero dovuto servire.
Gli orari di servizio erano, e sono tuttora, pianificati più sulle comodità del personale viaggiante (macchinisti, capitreno e autisti), in maniera da ridurre quanto più possibile la durata reale del turno. L’offerta complessiva, poi, era (ed è tuttora) tarata su uno scenario demografico e socio-economico che risale ad almeno 40 anni fa. I piccoli interventi in modifica fatti sono riferibili a tagli orizzontali dell’offerta dettati da meri motivi economici, non già da studi approfonditi e validati miranti ad incrementarne la funzione economico-sociale. Il mondo è profondamente cambiato, e noi continuiamo a rappresentarcelo fisso ed immutabile, perché tanto dobbiamo accumulare i km previsti in Contratti di Servizio basati sul dato storico, immutabile più delle tavole di Mosè.
Insomma, aziende ridotte ad essere da una parte meri stipendifici alimentati dal debito pubblico nazionale e dall’altra utile sistema adulterato/drogato per tenere in vita imprese fornitrici che ne hanno fatto il loro unico bacino di alimentazione. Peraltro, lo stipendificio, farcito di nullafacenti autorizzati (me compreso ovviamente), ha determinato il paradosso di aziende inefficienti dal punto di vista organizzativo che, proprio per la presenza di organici gonfiati all’inverosimile, non ha prodotto un servizio di alta qualità, come era lecito attendersi. Anzi, la pletora di personale ha determinato una disgregante deresponsabilizzazione che ora, nel momento della crisi, si manifesta in tutta la sua clamorosa caoticità.
Stupisce, poi, che proprio alcuni di quelli maggiormente coinvolti nel sistema consociativo formatosi fra aziende di TPL ed imprese fornitrici, siano oggi, colpiti da improvvisa redenzione, fra i più tenaci e strenui sostenitori della campagna di petizione pubblica. Sembra quasi, ma ci si potrebbe sbagliare, che in loro alberghi più la nostalgia per un passato dorato svanito improvvisamente che un reale amore per aziende dal nobile passato, ora sinistramente decadute. Insomma, sembra prevalere la difesa di interessi individuali più che la salvaguardia di un bene comune.
Peraltro, tra i clienti il clima è di disaffezione generale, anzi serpeggia una sorta odio di classe. Da una parte gli iperprivilegiati (noi) e dall’altra intere schiere di defraudati di ogni diritto (i viaggiatori), costretti ad usare per meri motivi economici un servizio che poco conserva di umano. La totale assenza di una seria e costante politica di comunicazione esterna, che avrebbe dovuto essere praticata da tutti i sindacati, ha creato una irrimediabile spaccatura fra clienti e lavoratori del TPL, anche se entrambe le parti teoricamente dovrebbero essere dallo stesso lato della barricata. La terribile realtà è, invece, che i cittadini, che sono in definitiva i veri azionisti di queste aziende, si sentono lontanissimi dai problemi dei lavoratori che, peraltro, essi vedono giustamente come abitanti di un altro pianeta finora dorato e spensierato.
Ecco perché valuto inutile il tentativo di coinvolgerli così tardivamente in una campagna che vedrebbe i cittadini/clienti solo strumentalizzati. Temo, peraltro, che la petizione, partita con vigorosi strombazzamenti, possa rivelarsi addirittura un péto (emissione, più o meno rumorosa, di gas intestinali attraverso l’orifizio anale), magari anchefragoroso e di assoluta risonanza mediatica, ma di scarsa utilità pratica. La situazione richiede decisioni serie e traumatiche, altro che raccolte firme. Se bastasse una bella petizione a salvare la Circum,  si potrebbe firmarla un milione di volte: bastasse già, bastasse già.
Ciro Pastore – Il Signore degli AgnelliLEGGIMI ANCHE SUhttp://golf-gentlemenonlyladiesforbidden.blogspot.it/

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