Ma nel caso di Bruce c'è anche un altro fattore: i suoi libri riflettevano talmente la sua persona - noi lo immagimavamo sempre in maglietta e calzoncini, di aspetto molto più tedesco che inglese, con The Road of Oxian di Robert Byron ficcata nel sacco da montagna, mentre attraversava il Taklamakan, il deserto in cui si entrava, ma dal quale non si usciva - che senza di lui i libri non avevano più il sex appeal.
Abbiamo molti amato le storie di Chatwin, ma è sempre stato un affetto riservato alla nostra generazione, che si riconosceva in lui nell'irrequietezza di quel viaggiare, sempre alla ricerca di qualcuno o di qualcosa.
Adesso non so se il vecchio e un po' abusato fascino del grande viaggiatore riesca ad attrarre a sé i ragazzi di vent'anni (che vedo piegati da mane a sera sull'Iphone) in modo tale da farli entrare in libreria.
Ma loro viaggiano in internet, i veri protagonisti del grande ritorno dello stanziale e del sedentario.
(Stefano Malatesta, Bruce Chatwin, lettere spedite dalla fine del mondo, da Repubblica)