Che rapporto hanno gli italiani con il sesso? Come se la cava il paese del Casanova in fatto di emancipazione, liberazione ed informazione? Beh, male. Anche se non parrebbe. Non è forse vero che le allusioni al sesso in Italia sono presenti dappertutto?
Il fatto è che il sesso in Italia è soggetto a un doppio destino: da un lato è onnipresente in tv, giornali e pubblicità. Dall’altro il sesso è un oscuro tabù nella vita reale. Il conto, in parte, lo pagano gli adulti. Ma solo in parte: abbiano o meno una vita sessuale appagante, almeno gli adulti hanno gli strumenti per capire i messaggi impliciti ed espliciti da cui sono circondati.
L’altra parte del conto, quella salata, lo pagano i bambini.
Chi è in età scolare oggi, nel 2010, è cresciuto con una televisione pubblica e privata di scarsissima qualità. Le immagini di donne seminude utilizzate in qualsiasi programma e per pubblicizzare qualsiasi tipo di prodotto sono onnipresenti nei mass media. Le allusioni all’atto e al piacere sessuale sono continue. E di fatto non esiste un insieme di programmi pensati per poter essere trasmessi in fasce orarie in cui il pubblico è composto anche da minorenni. La televisione non spiega, non informa, non educa alla sessualità. Al contrario, allude, sottintende, sghignazza. Invece di aiutare famiglie e scuola a fornire un’educazione sessuale corretta, la televisione distorce. La televisione in Italia, pur essendo piena di allusioni al sesso, non educa al sesso. Al contrario, lo stravolge. La televisione è diseducativa.
Questo problema non è moralistico. Le allusioni continue non sono un problema perché non si dovrebbe parlare di sesso in tv. Al contrario, il problema è che si dovrebbe parlare di sesso, invece di alludere alla pornografia. Quindi non programmi che strizzano l’occhiolino tra cosce e tacchi a spillo, ma programmi che si propongano di offrire un servizio ai cittadini, fornendo informazioni, riflessioni, conoscenza.
Il paradosso è che la centralità del sesso è, in un certo senso, solo apparente. Anche se il sesso pare essere un tema onnipresente, è come se di fatto nessuno volesse prendersi la responsabilità di parlarne davvero. Imbarazzi veterocattolici? Può essere. Eppure l’immagine che il velinismo dà di noi è quella di un Paese disinvolto, disinibito, open-minded.
Perché allora alla sensualità delle veline non corrisponde una sessualità altrettanto gioiosa nel Belpaese? Secondo me il motivo è semplice: i corpi e le allusioni della televisione non ci liberano ma ci imprigionano. Nonostante le telecamere frughino tra le cosce e nelle scollature delle ragazze, gli adulti sono lasciati soli con le proprie insicurezze e i bambini con i cambiamenti del proprio corpo. (In tv non si parla di menarca, di prima eiaculazione, di masturbazione e nemmeno di contraccezione e sesso sicuro).
L’ironia del destino è che il maggior grado di esposizione dei corpi mai registrato nella nostra società coincida con una dilagante diseducazione al sesso. L’impressione è che, quanto ad educazione sessuale, i tempi delle veline e quelli in cui si nasceva sotto il cavolo siano più vicini di quello che appaiono.