Non so quanti di voi abbiano avuto un'adolescenza segnata anche dalla lettura delle pagine di Dickens. Io sono tra quelli, anche se tra Dickens e Salgari c'è di mezzo tutto un mare di emozioni e sogni.
E' passata una vita da quando mi sono lasciato alle spalle quelle pagine. E solo ora scopro, grazie a un bell'intervento di Antonio Debenedetti sul Corriere della Sera, quanto sia dibattuto questo scrittore, allo stesso tempo amato e detestato, lodato e criticato.
Se non lo avessi letto, chissà quale percezione avrei avuto di lui. A chi avrei potuto credere? AVirginia Woolf che lo stronca senza pietà con parole come queste (e non solo queste)?
E' uno scrittore per tutti e non, è lo scrittore di nessuno in particolare; è un istituto, un monumento, una strada pubblica continuamente calpestata da milioni di piedi.
O piuttosto sarei stato propenso a fare mio il giudizio di un critico cone Edmund Wilson?
E' il più grande scrittore drammatico che gli inglesi abbiano avuto dopo Shakespeare
Davvero, nella critica, si dice tutto e il contrario di tutto - ed è giusto che sia così, perché questo non è certo il terreno della verità, sempre che questo terreno esista.
Giorgio Manganelli però diceva che Dickens era un animale letterario tra il giaguaro e il gatto domestico. Non so bene cosa intendesse, ma tra tutti è questo il giudizio che mi piace di più.
Giaguari e gatti hanno popolato le mie fantasie di ragazzino, in quella stanza che con i libri diventava un tappeto volante.
Ci sta che Dickens sia un giaguaro. Anzi no, un gatto che fa le fusa.