Se Dio è morto il berlusconismo resiste: e difende Padania Ladrona!

Creato il 04 aprile 2012 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Rina Brundu. Nella giornata di ieri, le dichiarazioni di Silvio Berlusconi, a proposito del fido alleato lombardo, si facevano notare sulle homepages di tutti i principali giornali italiani: “Chiunque conosca Umberto Bossi e la sua vita personale e politica non può essere neanche lontanamente sfiorato dal sospetto che abbia commesso alcunché di illecito”. Et varie et eventuali… seguite a ruota da quelle del di lui delfino, Angelino Alfano, che pure gli faceva eco: “Bossi è sempre stato dedicato alla causa del partito. Il Pdl esprime vicinanza a lui e alla Lega”.

Commoventi esternazioni amicali non vi è alcun dubbio, ma perché tutto questo mettere le mani avanti? Né Bossi né la sua famiglia – da quanto si è potuto apprendere – risultano indagati, ne deriva che tali esagerate attestazioni pubbliche di simpatia e di vicinanza possono suonare “strane” all’orecchio di chi le ascolta, quantomeno possono risultare ingombranti. Tenendo conto delle indagini in corso, del periodo non proprio felice per la politica italica ingolfata in mille scandali e scandaletti, da sinistra a destra, e delle cariche pubbliche rivestite da ciascuno dei personaggi testé citati non sarebbe stato più decoroso fare una semplice telefonata all’amico in difficoltà ed esprimergli tutta la partecipazione?

Sì, sarebbe stato senz’altro più decoroso, finanche più responsabile e umano, ma naturalmente le vie della logica italica, specialmente quando applicata alle cose della Politica, sono infinite. Di fatto, ciò che Berlusconi ci ha davvero ricordato con le sue accalorate e tempestive attestazioni di stima, è che se in questo periodo di terribile congiuntura economica internazionale Dio è quasi sicuramente morto, il berlusconismo resiste. E difende Padania Ladrona. In senso lato, naturalmente. Ovvero, così facendo, difende quel maledetto-modus-operandi idealmente mutuato dalla Roma-capitale – che, non dimentichiamolo, è stata il bersaglio preferito per più di un quarto di secolo delle crociate puritane leghiste – per essere trapiantato al Nord. E che adesso viene perseguito dalla magistratura.

Il punto? Il punto è che, una volta di più, il berlusconismo – una dottrina che non ho mai avversato troppo, sbagliando – ha mostrato il nodo scoperto della sua fragilità intrinseca. Due sono infatti gli elementi importanti che lo hanno condannato a morire giovane: da un lato il fatto che si è sempre dimostrato incapace di crescere come sano e ripulito “virgulto”, se non piuttosto come innesto sul tronco già marcio della pianta-prima-repubblica, dall’altro l’essersi imprestato da quella stessa radice malata i fondamentali concetti di leader e di leadership – con tutto ciò che questo comporta e comporterà soprattutto in prospettiva futura dato che questa particolare dottrina non produce leader ma seguaci-del-leader – concetti che, a loro volta, portano seco un’altra importantissima idea, quella dell’obbedienza.

L’obbedienza vagheggiata dal berlusconismo è infatti un’obbedienza di tipo diluito in superficie ma nel suo profondo-fondo e in tutto è per tutto simile a quella su cui ironizzava il Guareschi più ispirato: cieca, pronta ed assoluta! Detto altrimenti gli sgarri non sono ammessi: il caso-Fini docet! All’altro capo, non può che stare quindi il caso-Bossi: amico-figlio-fratello-mio ti difenderò a spada tratta, fino alla morte, anche quando non ce n’è davvero bisogno. Carota e bastone, bastone e carota che “ideologicamente” astraendo è un poco come dire Padania-nostra je!

Featured image, «Liberate Barabba» in una stampa britannica.